Il 28 gennaio si celebra la festa del celebre genio domenicano di tutti i tempi, san Tommaso d’Aquino. Il grande filosofo e teologo del Medioevo – che nacque a Roccasecca nel 1225 e morì nell’Abbazia di Fossanova il 7 marzo 1274 – è considerato come uno delle colonne fondamentali della teologia e della filosofia della nostra amata Chiesa cattolica. Papa Benedetto disse su san Tommaso, nella sua prima catechesi sul santo data il mercoledì 2 giugno 2010, a piazza San Pietro, in Vaticano: “Oggi, vorrei parlare di colui che la Chiesa chiama il Doctor Communis: cioè san Tommaso d’Aquino. Il mio venerato predecessore, papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Fides et Ratio ha ricordato che san Tommaso è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia” (n. 43). Non sorprende che, dopo sant’Agostino, tra gli scrittori ecclesiastici menzionati nel Catechismo della Chiesa Cattolica, san Tommaso venga citato più di ogni altro, per ben sessantuno volte! Egli è stato chiamato anche il Doctor Angelicus, forse per le sue virtù, in particolare, la sublimità del pensiero e la purezza della vita. San Tommaso venne anche chiamato Doctor Humanitatis, proprio perché egli si dimostra costantemente accogliente e disponibile nel recepire i valori umani di ogni cultura. Quanto sta diventando rara questa ottima qualità che il grande Tommaso aveva nutrito, custodito e condiviso nei suoi preziosissimi scritti! Un fatto curioso sta nel fatto che quando papa Giovanni XXII aveva messo il nome di Tommaso d’Aquino nell’Albo dei Santi, nel 1323, di fronte a chi criticò che questo santo non aveva fatto degli straordinari prodigi sia nella sua vita che dopo la sua morte, questo papa saggio gli rispose con questa famosissima frase: “Quante preposizioni teologiche scrisse, tanti miracoli fece”. È esattamente qui, dove sta l’efficacia dinamicità della santità di questo magnifico teologo e dottore della Chiesa. La sua summa teologica ha battezzato, una volta per sempre, la dottrina cristiana scientificamente, filosoficamente e teologicamente. Godiamo ora la vera santità di Dio tramite la saggezza che donò a san Tommaso d’Aquino.
Ecco alcuni consigli che Tommaso ci dà per la nostra vita quotidiana. Il primo consiglio: “Guardati dall’uomo che ha letto un solo libro. Non è questo il vero fondamentalista, cioè quello a chi s’attacca a un solo libro e lo fa come il suo vangelo?”. Il secondo consiglio: “È meglio illuminare gli altri che brillare solo per se stessi. Nel condividere sta la vera umiltà che si manifesta nella crescita insieme”. Il terzo consiglio: “Per colui che ha fede, non servono spiegazioni. Per colui che non ha fede, nessuna spiegazione è possibile. La fede è un dono di Dio, ma anche una decisione personale di accettare questo dono e rigettarlo”. Il quarto consiglio: “Le cose che amiamo ci dicono quello che siamo. L’amore che nutro per una cosa o persona mi dice a chi appartengo”. Il quinto consiglio: “Non c’è niente su questa terra più apprezzato della vera amicizia. La vera amicizia è un tesoro umano, affettivo e spirituale”. Il sesto consiglio: “L’amore non ha permesso a Dio di restare solo DIO. L’amore autentico si condivide come Dio che si è fatto uomo, come te e me, in Gesù Cristo”. Il settimo consiglio: “L’anima è come un mondo disabitato che prende vita quando Dio poggia la sua testa su di noi. La nostra anima si trova rifugio quando incontra Dio veramente”. Come dice il Salmo 62: “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua” (S 62,2). L’ottavo consiglio: “L’uomo non può vivere senza gioia. Pertanto, quando viene privato delle vere gioie spirituali, diventa dipendente dai piaceri carnali. Allora cerchiamo Dio e lasciamoci cercare da Lui! Se non vogliamo riempire il nostro deserto esistenziale sui piaceri di questo mondo che ci svuotano di più”. Il nono consiglio: “Solo Dio crea. L’uomo semplicemente riorganizza. Dunque, attribuiamo i doni che ci ha dato a Lui. Noi siamo, semplicemente, i suoi cooperatori nella riorganizzazione di queste doni”. Il decimo consiglio: “La carità è l’amicizia dell’uomo con Dio. Rispettivamente dalla nostra storia personale, pratichiamoci la carità perché, con essa, diventiamo gli amici di Dio”. Mia nonna, buonanima, madre di mia mamma, diceva sempre: “La carità è la chiave del Paradiso!”. È quanto mai ovvio che questi non sono i dieci comandamenti di san Tommaso d’Aquino, ma i dieci abbracci di qualcuno che veramente ci vuole bene nella vita. Li accogliamo e condividiamo, vicendevolmente, con grandissima generosità e gioia!
di Fra Mario Attard