Nel comune di Busseto, in provincia di Parma, nella frazione chiamata Le Roncole che, oggi, conta circa 7mila abitanti, il 9 ottobre del 1813 nacque un genio della musica: Giuseppe Verdi. Per parlare della sua arte e dei suoi capolavori impregnati di eternità, si dovrebbero spendere fiumi di parole e, soprattutto, avere grande competenza per farlo. Chi viene a contatto con i luoghi che diedero a Verdi i natali e transita per le stesse vie, già calpestate del sommo maestro, non si può esimere dal parlarne, per rivelare le forti emozioni provate. Visitare la casa di Verdi, ammirare la piccola chiesa di San Michele Arcangelo, dove fu battezzato, prendere conoscenza, attraverso immagini, documenti e reperti storici dell’epoca, di quanti giocarono un ruolo di prim’ordine nella sua vita, come il suocero Antonio Barezzi, suo benefattore, e la prima moglie, Margherita Barezzi, morta prematuramente nel 1840, non può lasciare indifferenti. Così, come leggere le lettere, d’inusitata modestia, che Verdi indirizzava a Maria Luigia D’Austria, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, nelle quali il maestro invitava la sovrana ad assistere alle sue opere, che dichiarava essere modeste, fa capire come il genio ben si accorda con l’intelligenza, l’umiltà e le virtù dai comuni mortali disdegnate. Ma la sua vita non fu scevra da sofferenze e delusioni per le condizioni economiche non floride, per il carattere schivo, serio, se non severo, per il periodo storico denso di avvenimenti politici e culturali, per la relazione che intrattenne con Giuseppina Strepponi, all’epoca emarginata per l’indole indipendente e anticonformista che le veniva riconosciuta, per le calunnie sul rapporto con Teresa Stolz.
Si racconta, a Busseto, che venivano lanciate pietre verso l’abitazione occupata da Verdi e dalla Strepponi, oltre a epiteti irripetibili. Di certo, i bussetani non l’avrebbero fatto se avessero avuto, sin da allora, cognizione della grandezza del loro concittadino che scelse di allontanarsi da quella realtà per porsi all’attenzione del mondo. Emozionante è passeggiare lungo i viali della villa che fu abitata da Verdi, ammirare il laghetto e le simmetrie del giardino da lui voluto, cogliere nei quadri appesi alle pareti lo spirito del tempo, vedere il letto dove il grande maestro trovava riposo e gli oggetti a lui cari. Parimenti emozionante, è visitare il Museo Verdiano, ubriacarsi di storia, di grandezza, lasciarsi prendere da una struggente nostalgia per non essere stati testimoni e compagni di viaggio di un grande, quale egli fu. Quando Verdi morì, alle ore 2.45 del mattino, del 27 gennaio del 1901, il mondo intero riconobbe in lui, che oggi riposa a Milano, un genio inestimabile della musica che, da oltre duecento anni, arricchisce la vita di intere generazioni senza conoscere fine. Vale riportare alla memoria alcuni dei suoi capolavori più noti, come: Nabucco, Macbeth, Rigoletto, Il Trovatore, La Traviata, I Vespri siciliani, Un ballo in maschera, La forza del destino, Aida, Otello, Falstaff, ma vale anche, per meglio capire, accompagnarsi in silenzio al maestro, a ritroso nel tempo, calandosi in quell’epoca di cui, oggi, possiamo solo immaginarne il fascino e l’intensità.
di Domenica Timpano