Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. E non è un caso. Quello che si è appena concluso è uno dei tre periodi dell’anno durante i quali si registrano i picchi di abbandono. Le famiglie non riescono a gestire gli animali domestici che hanno adottato durante le festività natalizie e risolvono il problema liberandosene. Altrettanto capita in estate, quando il cane o il gatto diventano un ostacolo alla vacanza. E altrettanto capita nella stagione della caccia, quando i cacciatori decidono di fare a meno dei segugi che non considerano idonei alla caccia. Tre “appuntamenti” in calendario perfettamente noti che, però, non si riesce a fermare.
“È vero che in Italia 6.800.000 cani e 8.500.000 gatti vivono in famiglia. Ma è altrettanto vero – spiega Angela Aspa di Randagioisi (Terme Vigliatore) – che ogni anno vengono abbandonati circa 80.000 gatti e 50.000 cani, nell’ottanta per cento dei casi a rischio di morte, e che per strada vivono circa 900.000 randagi, mentre solo 100.000 sono ospitati in strutture di accoglienza”. La questione rischia di diventare emergenza. “Le organizzazioni di volontariato che si dedicano agli animali – ricorda il Cesv Messina – si stanno moltiplicando. Si tratta di un segnale indiscutibile sia della matura consapevolezza di parte della popolazione sia dell’emergere di fatti di grave portata che scuote le coscienze”.
“Messina – ricorda Irrera – è una delle poche grandi Città senza canile municipale. Esiste solo un canile privato che opera in convenzione e che è insufficiente. I rifugi comunali sono da considerarsi una priorità. Già in centro la situazione è grave, ma nelle periferie è davvero insostenibile. I randagi sono in costante crescita”. “E ci sono migliaia di animali – aggiunge Aspa – vittime di ogni sorta di violenza, picchiati, dopati e, talvolta, uccisi brutalmente. Si passa dalle mani dei criminali ai silenziosi maltrattamenti all’interno delle mura domestiche. I dati rivelati dai rapporti sulle ‘zoomafie’ sono raccapriccianti. E anche se sempre più cittadini denunciano, il fenomeno è appena scalfito”.
Tre sono gli interventi considerati “indifferibili, urgenti e indispensabili”: la creazione di rifugi municipali, la sterilizzazione di massa dei randagi e i controlli per l’effettiva microchippatura degli animali di affezione. E per realizzarli “è necessario l’impegno della pubblica amministrazione, non solo perché è il dettato delle leggi che lo prevede, ma anche e soprattutto perché il volontariato, per quanto meritevole, da solo non può farcela. L’associazionismo non può in alcun modo sostituire le istituzioni alle quali, invece, può fornire importanti contributi di supporto”.
“Bisogna – concludono i volontari – che le amministrazioni del territorio applichino le leggi vigenti, in particolare la 281/91 (legge quadro) e la legge regionale 15/2000, e, quindi, costruiscano canili sanitari, singoli o in associazione tra vari Comuni, attuino il controllo sul territorio con censimenti dei cani randagi e, soprattutto, di proprietà, obblighino (come vuole la legge) all’applicazione di microchip e all’iscrizione alla banca dati dell’anagrafe canina, multino i trasgressori, creino le condizioni per una vasta opera di sterilizzazione”.