Una parola che è importantissima nella Bibbia Ebraica è ascoltare. Nell’ebraco biblico, la parola è shemà (שֶׁמַע). Ogni ebreo devoto a Dio, la mattina e la sera pronuncia la preghiera della shemà. Ossia, ripetere quelle parole santissime che si trovano nel libro del Deutoronomio: “Ascolta, Israele: Il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore. Tu amerai, dunque, il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze” (De 6,4-5). Il significato ricchissimo di questa parola ha a che fare con ‘focalizzare’ e ‘fare attenzione’. Dunque, focalizzare su Dio e fare attenzione a seguire rettamente i suoi comandamenti è il senso puro di shemà. La parola shemà implica anche rispondere a quello che uno ascolta. Nel Salmo 27, 7 abbiamo questo significato in corso. Il salmista prega il Signore per agire nella sua situazione particolare. “O Signore, ascolta la mia voce quando t’invoco; abbi pietà di me, e rispondimi”. Anche nel verso dal libro dell’Esodo 19,5, il Signore esorta il suo popolo ad ascoltare la sua voce. Nel testo originale, la parola shemà è ripetuta. Dalla prospettiva del Signore, shemà significa ‘ascoltare’ e ‘obbedire’. In altre parole, ascoltare ed eseguire quello che è ascoltato sono le due facce della stessa moneta. Nella Bibbia, ascoltare significa dare rispetto alla persona che ti parla e fare quello che ti dice. Ascoltare richiede impegno e azione. È questo il vero senso della parola shemà.
Ma come ascoltare? Nella sua esortazione apostolica post-sinodale dedicata ai giovani e a tutto il popolo di Dio, Christus Vivit, papa Francesco ci presenta con una catechesi splendida su come uno può veramente ascoltare l’altro. La prima sensibilità o attenzione è rivolta alla persona. Si tratta di ascoltare l’altro che ci sta dando se stesso nelle sue parole. Il segno di questo ascolto è il tempo che dedico all’altro. Non è una questione di quantità, ma che l’altro senta che il mio tempo è suo: il tempo di cui ha bisogno per esprimermi ciò che vuole. Deve sentire che lo ascolto incondizionatamente, senza offendermi, senza scandalizzarmi, senza irritarmi, senza stancarmi. “Questo ascolto è quello che il Signore esercita quando si mette a camminare accanto ai discepoli di Emmaus e li accompagna per un bel pezzo lungo una strada che andava in direzione opposta a quella giusta” (cfr Lc 24,13-35). “Quando Gesù fa come se dovesse proseguire perché quei due sono arrivati a casa, allora capiscono che aveva donato loro il suo tempo, e a quel punto gli regalano il proprio, offrendogli ospitalità. Questo ascolto attento e disinteressato indica il valore che l’altra persona ha per noi, al di là delle sue idee e delle sue scelte di vita” (n. 292). Se questa è l’autentica potenza dell’ascolto, usiamo questo attrezzo per lasciare il Signore a fare tanto bene per gli altri, specialmente i sofferenti.
di Fra Mario Attard