Elena La Fauci Di Rosa, mia carissima amica, ha scritto, in occasione del Centenario della nascita di Giorgio La Pira, la sua biografia in versi dialettali messinesi, e mi ha raccontato che l’ha molto colpita un episodio. Un giorno andò al monastero di Sant’Eustochia e le aprì una suora, che così le disse: “Ora le faccio vedere una persona…”. Le aprì una porta che conduceva alla chiesa annessa al monastero e le sussurrò: “Guardi quel signore inginocchiato davanti al tabernacolo. Lo sa chi è? È l’on. Giorgio La Pira, lo zio dell’abbadessa, suor Maria Fortunata, è il sindaco di Firenze, lo chiamano Santo e si vede che lo è!”. Se ne stava lì, in ginocchio e immobile, come fosse in estasi, davanti al tabernacolo. Oggi, non si vede nessuno stare in ginocchio, in adorazione, e questo mi ha portato alla memoria il santo curato d’ARS che stava così davanti al Santissimo e diceva: “Io guardo Lui e Lui guarda me!”. “Per me – conclude Elena –, questa visione è stata edificante. Giorgio La Pira, evidentemente, era in intima comunione con il Signore, tanto da non accorgersi del tempo che passava, questo episodio è la prova del nove della sua santità”.
Elena La Fauci Di Rosa, scrittrice, pittrice e poetessa, ha impreziosito, come un suggello, la lunga testimonianza della nipote di Giorgio La Pira, suor Maria Chiara, abbadessa del monastero di Montevergine, presso cui avvenne la ‘folgorazione’, cioè la conversione improvvisa dello zio, una bellissima lirica, in omaggio della suddetta abbadessa. Questa lirica è stata ispirata dal suono dell’organo prodotto, con ‘slancio e tocco divino’, dalla madre abbadessa che eleva “in alto il suo spirito celestino e suona di vero cuore, dall’appartato coro, e assapora aneliti di volo”. Quel suono, nel mistico silenzio della chiesa, dove troneggia sant’Eustochia Smeralda, la perpetua abbadessa col suo corpo incorrotto, da cinque secoli, fa vibrare palpiti reconditi d’immenso sentimento. E la poetessa – come si evince dalla bellissima lirica – viene coinvolta e affascinata da quel suono celestiale.
di Alfonso Saya