Il Giorno della Memoria

È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: Questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”. Una frase di Primo Levi, scrittore e superstite dell’Olocausto italiano morto nel 1987, che ci trasmette tutto il terrore e l’angoscia provata con un avvertimento, più che un invito, a stare in guardia perché quanto accaduto 80 anni fa non abbia più a ripetersi. Le vittime dell’Olocausto sono state circa 15/17 milioni, di cui sei milioni di ebrei, il cui genocidio è identificato con il termine Shoah (catastrofe, distruzione). Per commemorare e per non dimenticare mai, è stata istituita dall’ONU, nella seduta del 1 novembre 2005 con la risoluzione 60/7, ‘La Giornata della Memoria’, da celebrarsi il 27 gennaio di ogni anno. Non è un semplice ricordo di quella immane tragedia, ma è anche un ammonimento – come scriveva Primo Levi – perché ciò non avvenga più. Nel passato e nella sua memoria, c’è il nostro futuro. Senza siamo persone vuote. “Per questo motivo, si favorisce anche una perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione. Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di ‘decostruzionismo’, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti.”, scrive papa Francesco nella sua ultima enciclica ‘Fratelli tutti’. Quanti giovanissimi, quanti uomini e donne sono senza storia, o hanno perso il suo senso.

Quando leggiamo che un ragazzino di soli 12 anni viene picchiato dai suoi stessi coetanei solo perché ebreo, è come se quei morti dell’olocausto fossero morti invano e, quando succede questo, è come se morissero nuovamente. Quando vediamo o leggiamo sui giornali che un feretro viene coperto da una bandiera con la svastica, simbolo del regime nazista, sei milioni di ebrei muoiono nuovamente; quando assistiamo ad atteggiamenti antisemiti carichi di disprezzo e odio, quando leggiamo di tombe di ebrei devastate, di sinagoghe vandalizzate, di saluti nazifascisti, di marce con bandiere e simboli nazisti, sei milioni di ebrei muoiono nuovamente; quando sei perseguitato, dileggiato, maltrattato, emarginato, confinato e ucciso per la tua fede religiosa, l’uomo muore nuovamente. Questi atteggiamenti sono frutto di una non memoria, di ignoranza di una periferia umana lasciata andare alla deriva. C’è un urgente bisogno di ‘rammendare’ le famiglie, prive di ricordi e orientamenti; figli lasciati in balia dei social che ti danno tanto all’apparenza, ma non ti lasciano nulla. Questi figli del nostro tempo, proiettati solo alla ricerca del facile e illusoria benessere materiale, vanno ricondotti a quei valori universali di cui i moltissimi sacrifici di donne e uomini, ci indicano la strada del senso vero della vita.

di Giuseppe Previti