Malta – ‘La gentilezza non è un segno di debolezza’, ricorda il vescovo ausiliare ai neolaureati

Il denaro è un mezzo per un fine e non un fine in se stesso”, ha detto il vescovo ausiliare, mons. Joseph Galea-Curmi, ai laureati di quest’anno durante una messa di ringraziamento tenuta martedì 12 novembre.Coloro che mettono per primi i soldi possono sembrare in corsa”, ha detto il vescovo a una congregazione nella concattedrale di San Giovanni a La Valletta, ma in realtà stanno costruendo su basi di sabbia. “Se sei consumato dal desiderio di avere sempre di più, indipendentemente da dove provenga il denaro, finirai per essere controllato dal denaro, piuttosto che controllarlo”. Durante l’omelia, il vescovo ha offerto alcuni consigli ai laureati mentre si preparavano a costruire le loro future carriere. “La gentilezza non è un segno di debolezza. È un segno di dignità e umanità”, ha detto ai presenti, aggiungendo che le persone farebbero bene a svolgere un ruolo attivo nella loro comunità piuttosto che chiudersi in se stesse.

Mons. Galea-Curmi ha esortato i giovani a canalizzare la propria energia in modo produttivo, dicendo che potrebbero fare la differenza in diversi ambiti, compresa la protezione dell’ambiente. Mentre svolgete le vostre professioni, non guardate le persone come se fossero numeri o oggetti”, ha detto alla congregazione. “Ricordate che ogni persona è preziosa, indipendentemente dalla sua razza, colore, credo o altra forma di diversità”. Tra i presenti durante la messa celebrata dal vescovo Galea-Curmi, c’erano il presidente, George Vella, e il rettore dell’Università di Malta, Alfred Vella. Possano queste saggissime parole del vescovo ausiliare, mons. Galea-Curmi, spingere l’Università di Malta a fare proprie le parole di Papa Francesco rivolte al rettore, i docenti, gli studenti e i membri del personale all’università Roma Tre, del 17 febbraio 2017.

Così disse:Una risposta che vorrei suggerirvi – e ho presente la domanda di Niccolò – è quella di impegnarvi, anche come università, in progetti di condivisione e di servizio agli ultimi, per far crescere nella nostra Città di Roma il senso di appartenenza ad una ‘patria comune’. Tante urgenze sociali e tante situazioni di disagio e di povertà ci interpellano: pensiamo alle persone che vivono per strada, ai migranti, a quanti necessitano non solo di cibo e vestiti, ma di un inserimento nella società, come ad esempio coloro che escono dal carcere. Venendo incontro a queste povertà sociali, ci si rende protagonisti di azioni costruttive che si oppongono a quelle distruttive dei conflitti violenti e si oppongono anche alla cultura dell’edonismo e dello scarto, basata sugli idoli del denaro, del piacere, dell’apparire. Invece, lavorando con progetti, anche piccoli, che favoriscono l’incontro e la solidarietà, si recupera insieme un senso di fiducia nella vita”. È quando l’università diventa più sociale e solidale con i sofferenti che è veramente più intellettuale!

di Fra Mario Attard