La violenza di genere è la violenza esercitata contro le donne, in quanto appartenenti al genere femminile. La Conferenza Mondiale sui Diritti Umani dell’ONU, riunita a Vienna nel 1993, l’ha considerata una violazione dei diritti umani. Le Nazioni Unite hanno dichiarato profonda preoccupazione per le varie forme di discriminazione e violenza alle quali le donne continuano ad essere esposte, in tutto il mondo; hanno dichiarato, inoltre, che i diritti umani delle donne e delle bambine sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali. La piena ed eguale partecipazione delle donne nella vita politica, civile, economica, sociale, culturale, a livello nazionale, regionale e internazionale e lo sradicamento di tutte le forme di discriminazione sessuale, sono obiettivi prioritari della comunità internazionale. La violenza di genere può avere motivi religiosi (e questa, ad esempio, è la pratica della MGF, le mutilazioni genitali femminili, più note come infibulazione), politici, o anche sociali, e queste sono le forme di violenza nelle relazioni familiari che, negli ultimi anni, si sono diffuse in maniera preoccupante nei paesi occidentali. Il termine “femminicidio” indica, appunto, l’omicidio in danno di una donna, per motivi connessi alla condizione femminile, spesso perpetrato da un familiare, dal coniuge separato, dal fidanzato o dallo spasimante respinto.
La violenza familiare ha, da tempo, una sua specifica tutela legislativa, perché nel 2001 è stata adottata una legge (ordini di protezione contro gli abusi familiari) che consente alla donna maltrattata da un familiare convivente, ad esempio il marito o il convivente more uxorio, di ottenere dal giudice civile l’allontanamento da casa del soggetto abusante. La novità significativa della legge, allora, era dato dal fatto che non fosse più necessario rivolgersi al giudice penale, così superando le remore che, nel nostro Paese, le donne hanno sempre avuto a denunciare colui che, dopotutto, è sempre un membro della famiglia, spesso il padre dei propri figli e, in ogni caso, la difficoltà, spesso, di provare il reato penale. Per ottenere la tutela civile è, infatti, sufficiente provare che dalla condotta del familiare violento deriva un “pregiudizio alla integrità fisica e morale o alla libertà” della persona che chiede la protezione. Resta ferma, comunque, la tutela penale e, infatti, contestualmente è stata introdotta nel codice di procedura penale la misura cautelare dell’allontanamento da casa: quando non è possibile applicare la custodia cautelare in carcere a chi commette violenza in famiglia non si possono certo applicare gli arresti domiciliari.
In data 23 febbraio 2009 è stato introdotto, nel codice penale italiano, il delitto di stalking, termine inglese che indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, perseguitandola e facendole vivere stati di ansia e paura. Il codice penale italiano, per effetto della legge 38/2009, lo ha rubricato all’art. 612 bis denominandolo “atti persecutori” e prevedendo la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta, taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria, o di un prossimo congiunto, o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Di recente, il Governo italiano ha adottato più forti misure di contrasto alla violenza di genere. Al fine di arginare “il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato”, è stato adottato, nelle forme della decreto d’urgenza, un articolato intervento normativo teso “ad inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica”.
Il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93 in G.U. n. 191 del 16 agosto 2013, è collegato anche alla recente ratifica da parte del Parlamento della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza, nei confronti delle donne e la violenza domestica. Il Governo è intervenuto sulla disciplina delle fattispecie di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e violenza sessuale, inasprendo le pene e configurando nuove aggravanti: ad esempio diviene aggravante del delitto di violenza sessuale il fatto che venga commessa dal coniuge, anche separato o divorziato, dal convivente, o dall’ex convivente. In questo modo si è riconosciuta la specifica gravità della violenza sessuale perpetrata come manifestazione di dominio all’interno del matrimonio o della convivenza, ovvero come strumento di persecuzione successivo alla rottura di tali rapporti. E, particolarmente, rilevante è l’equiparazione dei fatti commessi in costanza di rapporto a quelli consumati successivamente al loro scioglimento.
È stato, inoltre, riconosciuto il valore giuridico della violenza assistita, che avviene quando le violenze vengono commesse alla presenza di un minorenne, anche se questo non subisce direttamente l’atto materiale della violenza, ma semplicemente vi assiste. Il reato di stalking resta procedibile a querela di parte, salvi i casi di connessione con reati procedibili d’ufficio o di persona offesa, minorenne o disabile, ma la querela diviene oggi irrevocabile per evitare che la vittima del reato divenga obiettivo di ulteriori minacce e violenze finalizzate ad ottenere il ritiro della querela. Si è, inoltre, stabilito che i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, adottati nell’ambito di un procedimento penale, devono essere, immediatamente, comunicati al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa stessa ed ai servizi socio-assistenziali del territorio. È previsto, inoltre, ma non ancora vigente, perché rinviato alla legge di conversione, l’arresto in flagranza per i delitti di maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori.
di Massimiliano Sturiale