Tutti sappiamo che il ministero presbiterale sta attraversando dei momenti difficili se non, a volte, naufraganti. Ma, nonostante tutto ciò, c’è la parola di san Francesco che dà forza e anche speranza concreta in tutta questa situazione tumultuosa. Dice il Poverello nel suo Testamento: “Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà”. Le fonti francescane mostrano chiaramente l’amore, il rispetto e la venerazione di Francesco per i sacerdoti. Se guardiamo ‘La Compilazione di Assisi’ subito notiamo questa reverenza amorevole verso di loro. Francesco diceva questo perché il bene delle anime, che i frati vogliono realizzare tra il popolo, sarà maggiore se, vivendo in concordia con i prelati e il clero, essi guadagnano a Dio e popolo e clero, che se convertissero solo il popolo scandalizzando prelati e chierici. Diceva: “Il Signore ci ha chiamati a rianimare la fede, inviandoci in aiuto ai prelati e chierici della santa madre Chiesa. Siamo quindi tenuti ad amarli, onorarli e venerarli sempre, in quanto ci è possibile. Per questo motivo, sono detti frati minori, perché devono essere i più piccoli di tutti gli uomini del mondo, sia nel nome, sia nell’esempio e nel comportamento. Agli inizi della mia nuova vita, quando mi separai dal mondo e dal mio padre terreno, il Signore pose la sua parola sulle labbra del vescovo di Assisi, affinché mi consigliasse saggiamente nel servizio del Cristo e mi donasse conforto. Per questa ragione e per le altre eminenti qualità che riconosco nei prelati, io voglio amare, venerare e considerare miei signori non soltanto i vescovi, ma anche gli umili sacerdoti” (n. 15).
Quando Francesco nel suo Testamento dice: “Poi, il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti, con questa frase lui voleva intendere che ha fede nei sacerdoti a causa del loro ministero sacerdotale”. Ecco perché quando esorta i frati a vivere cattolicamente nel diciannovesimo capitolo della Regola Non Bollata, Francesco scrive che il criterio della cattolicità nei suoi frati si manifesta nel loro amore e rispetto per i sacerdoti: “Tutti i frati siano cattolici, vivano e parlino cattolicamente. Se qualcuno, poi, a parole o a fatti si allontanerà dalla fede e dalla vita cattolica e non se ne sarà emendato, sia espulso totalmente dalla nostra fraternità. E riteniamo tutti i chierici e tutti i religiosi per padroni in quelle cose che riguardano la salvezza dell’anima e che non deviano dalla nostra religione, e veneriamone l’ordine sacro, l’ufficio e il ministero nel Signore”. Per Francesco, i suoi frati devono affiancare e mai superare i sacerdoti. Inoltre, Francesco ammoniva severamente i frati che ebbero un’attitudine di giudizio verso un clero diocesano ignorante, scandaloso e attaccato al dio denaro. Nell’ammonizione numero 26 troviamo il seguente: “Beato il servo che ha fede nei chierici che vivono rettamente secondo le norme della Chiesa romana. E guai a coloro che li disprezzano. Quand’anche, infatti, siano peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, poiché il Signore esplicitamente ha riservato solo a se stesso il diritto di giudicarli. Invero, quanto più grande è il ministero che essi svolgono del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo che proprio essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri, tanto maggiore peccato commettono coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo”.
Mentre nella Lettera a tutto l’Ordine Francesco esorta: “Ascoltate, fratelli miei. Se la beata Vergine è così onorata, come è giusto, perché lo portò nel suo santissimo seno; se il beato Battista tremò di gioia e non osò toccare il capo santo del Signore; se è venerato il sepolcro, nel quale egli giacque per qualche tempo; quanto deve essere santo, giusto e degno colui che stringe nelle sue mani, riceve nel cuore e con la bocca ed offre agli altri perché ne mangino, Lui non già morituro, ma eternamente vincitore e glorificato, sul quale gli angeli desiderano volgere lo sguardo” (1Pt 1,12)! (Nri 21-22). Amiamo, preghiamo, incoraggiamo e correggiamo con amore e rispetto i nostri sacerdoti come ci insegna attraverso l’esempio di sua vita e anche i suoi scritti san Francesco!
di Fra Mario Attard