Facendo il giornalista da oltre 50 anni, non mi è mai accaduto di fare il critico letterario. Mi capitò, solo una volta, come giurato del premio Viareggio, chiamato dal presidente Walter Pedullà, lui sì critico di razza e scopritore di talenti. Mi toccò di leggere Il birraio di Preston e scopri, così e per la prima volta, Andrea Camilleri. Non sapevo che si trattasse dello stesso Camilleri conosciuto da tempo a Via Teulada, dove l’autore di Montalbano e creatore di Vigata, faceva, invece, lo sceneggiatore di famosi programmi Rai e collaborava tra l’altro con lo stabile di Catania e con Pippo Fava. Tra l’altro, ha sempre abitato nei pressi di Viale Mazzini, in un quartiere piccolo borghese reso dalla moglie straordinariamente accogliente e ospitale. Dopo il primo incontro del ‘Birraio di Preston’, divenni anch’io un lettore inarrestabile del suo commissario e interessato ad ascoltarlo – grazie anche alla cortese collaborazione di Vincenzo Mollica – ai Fori romani o al Teatro Greco di Siracusa. Mi colpiva, soprattutto, quel suo linguaggio inventato dalla mescolanza col dialetto siciliano e i suoi classici come Pirandello, Sciascia e la scoperta di Gesualdo Bufalino autore de Le dicerie dell’untore, che anch’io ho avuto la fortuna di conoscere durante le calde giornate dell’installazione dei missili a Comiso.
C’erano, sicuramente, nell’esperienza culturale e umana di Andrea Camilleri anche le voci di Vincenzo Consolo e i colori di Renato Guttuso, tutti elementi fondamentali che contribuivano a dar vita alla ricca e complessa composizione del mondo di Camilleri. Forse non facilmente ‘coglibili’ nel loro insieme, ma che certamente costituivano la base di attrazione e affascinamento per milioni e milioni di lettori e, soprattutto, di spettatori. Accostare il nostro presidente del Consiglio a Camilleri, sia pure ovviamente per dirne diversità e distanza, può però servire ad aiutarci a comprendere perché non basta parlare e parlare, apparire e apparire in televisione per interessare veramente le persone e, soprattutto, far loro accettare con credibilità e fiducia le narrazioni che si vogliono loro proporre. Non si tratta del resto di semplici racconti e di suggestioni emotive, ma di problemi e sfide che riguardano la vita concreta e difficile di ciascuno di noi.
di Nuccio Fava