Il monumentale volume su Giorgio La Pira, pubblicato dai nipoti Angelino, offre un contributo fondamentale per conoscere le radici culturali e spirituali, il mondo sconosciuto del loro grande zio. Con le loro vive testimonianze, balza il vero ritratto di Giorgio La Pira, la sua vicenda terrena, il suo itinerario spirituale, la gioia e lo stupore per il suo incontro con Cristo che è stato decisivo. Ha cambiato, radicalmente, la sua vita: gli ha riempito gli occhi e il cuore della “Bellezza”, al dire di Sant’Agostino, sempre vecchia e sempre nuova. Una presenza viva, inebriante che gli ha fatto superare e trascendere gli schemi e i parametri di giudizio sulla realtà, nel quotidiano, il suo ideale Evangelico ed egli stesso potè scrivere di sé: “Sono un sognatore forse, ma il Cristianesimo tutto è un sogno, il dolcissimo sogno di un Dio che si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio”. La sua unione con Dio, attraverso la preghiera e il raccoglimento, era continua. Lui, davvero, era il riflesso, la trasparenza, lo splendore di un Altro: ha realizzato Cristo in sé.
La sua carità era senza limiti, dava ai poveri, tutto quello che aveva. Lavorò, come docente universitario, come primo cittadino di Firenze ed era chiamato, giustamente e non ironicamente, “il sindaco santo”. Come politico, lavorò al servizio di Dio e dei fratelli. Ha dato testimonianza cristiana, in tutti i campi. I politicanti che cercano ed hanno di mira soltanto la ricerca del potere, della ricchezza, del prestigio, che escludono la dimensione trascendente, dal loro panorama, non possono intendere Giorgio La Pira. Il suo esempio dovrebbe far riflettere e dovrebbe far recuperare il senso della vita e della politica.
Fra le testimonianze, oltre quelle riportate nei suoi scritti dalla biografa di La Pira, Elana La Fauci Di Rosa, che ha impreziosito la biografia dell’uomo con liriche poetiche, molto interessante è quella della nipote Suor Chiara Maria Fortunata, abbadessa del Monastero di clausura di Montevergine, un’oasi di silenzio, di preghiera e contemplazione, pur trovandosi nel bel mezzo della città. L’abbadessa riferisce tanti episodi indimenticabili. Per lei, lo zio Giorgio era un uomo di preghiera, un bravo professore. “Tutti lo chiamavano santo – dice l’abbadessa – ed io da ragazza, lo osservavo, anzi lo scrutavo, perché volevo vedere qualcosa di questa sua santità. Questo qualcosa l’ho visto quando, nel I948, sono andata a Messa con lui e, alla fine, lui si fermò come incantato davanti ad un’icona di Gesù”.
Tornai a casa, da sola, e alla mamma, che subito mi chiese dello zio, io risposi: “L’ho lasciato in Chiesa, incantato davanti alla statua di Gesù”. Io, piccolina, non capivo che quell’atteggiamento dello zio, non era incantesimo il suo, ma un atteggiamento di preghiera profonda. “La preghiera – conclude l’abbadessa nella sua lunga testimonianza – era importante per lo zio ed anche per me, perché la preghiera alimenta, nutre, ed è l’ossigeno per lo spirito”.
di Alfonso Saya