A Padova ‘La Cappella degli Scrovegni’ il capolavoro di Giotto

Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura”. Così, scriveva Dante Alighieri nel Purgatorio, XI canto 94-96, facendo riferimento a Giotto, uno dei più grandi pittori italiani, definito dal Boccaccio ‘il miglior dipintor del mondo’, perché con le sue opere ha rivoluzionato gli schemi del passato, innovando gli stili. Nato intorno al 1266, Giotto di Bondone, ancora giovanissimo, fu notato dal grande Cimabue mentre dipingeva su un sasso le sue pecore al pascolo. Divenuto suo allievo, si trasferì presso la bottega del maestro. Successivamente, si recò a Roma e ad Assisi per affrescare la Basilica con Le Storie di San Francesco, e di Isacco nella Basilica Superiore e Inferiore. Apprezzato per il suo stile, fu chiamato a Padova dove affrescò la Cappella degli Scrovegni, a Napoli, chiamato da Carlo D’Angiò, a Firenze dove lavorò alle Cappelle di illustri fiorentini, come la Cappella dei Bardi e la Cappella dei Peruzzi in Santa Croce, che arricchì con innumerevoli opere. Il suo stile nuovo dell’arte figurativa italiana divenne un modello per i pittori rinascimentali.

Innumerevoli e pregiate le opere di Giotto che superò il suo maestro e diede prova anche di essere un rinomato architetto. A Firenze, fu nominato Capomastro dell’Opera di Santa Reparata. Lì, realizzò anche la parte inferiore del Campanile che ricordiamo come il ‘Campanile di Giotto’. La già citata ‘Cappella degli Scrovegni’ è un bene di inestimabile valore che rende pregio e orgoglio per la sua bellezza a tutta la Città di Padova dove l’artista si recò attorno all’anno 1300 chiamato dai frati della Basilica di Sant’Antonio. Tra il 1303 3 il 1305, su commissione di Enrico Scrovegni, Giotto realizzò la piccola chiesa che raccoglie affreschi sulla vita della Vergine e di Cristo. Su una controfacciata, è rappresentato il Giudizio Universale con 39 scene disposte su tre fasce. In una fascia, si possono ammirare scene allegoriche dei Vizi e delle Virtù.

Tante le analogie che si possono riscontrare tra la Cappella degli Scrovegni e la Basilica Superiore di Assisi, ma tante sono anche le differenze, in particolare il rapporto tra figure e spazio. Giotto ha avuto il pregio, in tempi successivi, di sapere inserire nello stesso campo visivo le figure e lo spazio nel quale le figure agiscono. Grazie a un sapiente chiaroscuro negli affreschi della cappella si nota, inoltre, la gravità dei corpi che sembrano poggiare sul pavimento e non già sospesi in aria. Ancora un particolare nella rappresentazione del Giudizio Universale manifesta come Giotto fosse al passo con i tempi e non più ancorato a vecchie immagini e tradizioni. Lì vediamo, infatti, nell’atto di donare la Cappella finita alla Chiesa, come consuetudine, non più un papa o un sovrano, ma Enrico Scrovegni, un ricco, conosciuto, borghese.

di Sergio Lanfranchi