Il sette marzo del 1903, lo storico messinese Gaetano La Corte Cailler, segretario dell’allora Museo Civico di Messina, scopri tra i documenti del notaio Antonio Mangianti, conservati all’Archivio Provinciale di Stato, il testamento di uno dei più grandi pittori del rinascimento italiano, Antonello da Messina. Del testamento, dettato al notaio da Antonello il 14 febbraio del 1479, il La Corte, con risorse proprie, fece stampare 25 copie che inviò a tutti quei musei che possedevano opere dell’artista. L’atto originale, a causa del terremoto del 1908, andò perso, irrimediabilmente. Nel testamento, si legge, tra l’altro, “Item volo et mando quod cadaver meum seppelliatur in Conventu Sancte Marie de Jhesu cum habitu dicti conventus, et quod in obsequio meo nullus clerus, tam majoris messanensis ecclesie, quam alius et presertim conventualium, debeat in meo obsequio intervenire, nisi clerus et monaci dicti conventus Sancte Marie de Jhesu” (“Il cadavere di Antonello sia seppellito in Santa Maria di Gesù con l’abito dei monaci di quell’ordine [frati minori osservanti] e che nel funerale non intervenga clero alcuno, nemmeno quello del Duomo e i conventuali [frati minori conventuali], all’infuori dei detti monaci di Santa Maria di Gesù stesso”. (G. La Corte Cailler. Antonello da Messina – Studi e ricerche con documenti inediti – ME, Tipografia D’Amico, 1903).
Il Convento di Santa Maria di Gesù o meglio i suoi resti archeologici, sono ancora oggi visibili. Si trovano in un’area adiacente la corsia destra (senso di marcia mare-monte) del Viale Giostra, nel Villaggio Ritiro, toponimo dato alla contrada sin dal XII secolo, epoca in cui i frati carmelitani, nello stesso luogo, su preesistenti terme romane, fondarono il loro convento, primo in Europa, con il titolo di Ecclesia di Santa Maria del Monte Carmelo). I resti della chiesetta, che oggi si possono ammirare, risalgono al 1855/56, in quanto un’alluvione del novembre del 1855, copri quella più antica risalente al 1166, fondata dai carmelitani. Questa chiesetta fu ricostruita su quella preesistente con le stesse misure (m30x8), mentre quella sottostante fu adibita a sepoltura (G. La Corte Cailler, La Chiesa di Santa Maria di Gesù Superiore, appendice alla Gazzetta di Messina, 20 marzo 1897). La chiesa e il convento con la venuta dei francescani, cambiano titolo in Santa Maria di Gesù, divenendo il primo di quell’ordine (osservanti) sorto in Sicilia. (“De origine seraphicae religionis Franciscanae eiusque progressibus, de Regularis observanciae institutione, forma administrationis ac legibus, admirabili eius propagation”.
Il 16 novembre del 1863, una seconda alluvione, ancor più tragica della prima, coprì completamente questa seconda chiesa e i frati si spostarono nei locali già adibiti a refettorio. Qui, realizzarono la loro terza chiesa. Il luogo di culto mantenne il suo stile essenziale e sobrio dal 1166 fino al 1855, anno della prima alluvione e salvo alcuni aggiustamenti effettuati dai frati minori osservanti che si erano insediati nell’area nel 1418, non abbiamo notizie di rilievo dal punto di vista architettonico. I frati minori ebbero concessa la chiesa dalle suore cistercensi che, nel frattempo, si erano trasferite all’interno delle mura cittadine, nel monastero di Santa Maria dell’Alto (oggi, Montalto), ricevendo annualmente in cambio dai frati, due libbre e mezza di cera e un carro di agrumi. Frate Francesco Gonzaga, generale dei Frati dell’Osservanza, Roma 1587).
Nel 1463, i frati a seguito di una donazione, realizzarono un secondo convento più vicino alle mura della Città e chiamarono quest’ultimo Santa Maria di Gesù Inferiore (o maggiore, per la grandezza), per distinguerlo da quello più antico, adibito a noviziato. Questo secondo convento fu interamente distrutto dal terremoto del 1908. Le approfondite e diffuse ricerche effettuate, sia con la comparazione con moltissimi altri atti notarili, precedenti, coevi e successivi alla morte di Antonello, (notaio Mangianti, Pagliarini, Andriolo, ecc.) di personaggi messinesi (come il nobile Anzalone, famiglia Staiti, La Rocca, la stessa zia della Santa Eustochia, Paola Romano, ecc,) ci confermano l’identico luogo di sepoltura voluto dall’artista.
Una lapide funeraria del 1476 (antecedente alla morte di Antonello), oggi conservata nella Cappella Picardi a Barcellona Pozzo di Gotto (ME), proveniente dal sito di Ritiro, riporta la scritta: “Acque S. Marie De Iesu. Notaio Antonio Mangianti” (acque riferite alle antiche terme romane i cui resti sono stati riutilizzati dai frati carmelitani per realizzare il loro primo convento. Le ricerche effettuate anche sui libri dei morti di alcune chiese (San Matteo e San Giuliano, in particolare) ci confermano che coloro (ceto medio-basso) che volevano essere sepolti nell’ecclesia di Santa Maria di Gesù inferiore, riportavano la dicitura “inf”, mentre veniva omessa quella superiore, o “sup” per quelli (ceto medio alto) che sceglievano il convento (maramma) di Ritiro. Una conferma ci viene, persino, da un erede del notaio Mangianti, il prof. Paolo Erasmo Mangiante di Genova, che ci incoraggia nella cura e promozione del sito.
Con le ultime indagini effettuate l’estate scorsa, con tomografia elettrica, si è rilevato che il piano di calpestio della prima chiesa è a circa metri 5,20, da quello attuale. Sotto quella prima chiesa, com’era d’uso in quell’epoca, c’è sicuramente la cripta (dalla prima inondazione, mai indagata), al cui interno giacciono i resti mortali del “pittore non umano” Antonio degli Antoni. I d’Antoni di oggi. La tecnica scientifica, oggi, ci consente di selezionare i resti mortali, fino a individuare quelli di Antonello, così com’è avvenuto per Caravaggio. Abbiamo in corso di approvazione progetti per saggi di scavo archeologici, ma occorrono risorse per riportare alla luce la chiesa medievale e la sottostante cripta.
Dal 2011, un gruppo di volontari si occupa del sito, ripulendolo da rifiuti (all’inizio alcune tonnellate), erbacce e arbusti. Tutti i sabati pomeriggio si è sul sito per mantenere un minimo di decoro, presidiarlo, accogliere gratuitamente visitatori e studenti e promuoverlo culturalmente. A tal fine, ci siamo costituiti in Fondazione di partecipazione. Il sito, vincolato dalla Soprintendenza, è di proprietà della vicina parrocchia. Visitabile in occasione del Festival “Le Vie dei Tesori”, nei fine settimana di settembre a partire da venerdì 13 settembre.
Giuseppe Previti – presidente della Fondazione di Partecipazione e coordinatore dei volontari