Chiesa di Sant’Antonio in campo Paregnano: Il convento francescano di Ascoli Piceno

Un luogo estremamente interessante per il francescanesimo marchigiano risulta essere la Chiesa di Sant’Antonio in campo Paregnano. In questa sede, ricordiamo come le Marche siano statisticamente più francescane dell’Umbria, regione nella quale il francescanesimo è originato. Per lungo tempo, la storiografia locale ascolana ha dibattuto su quale fosse il convento francescano più antico della Città, senza però arrivare, di fatto, a una soluzione. Gli storici tra i più antichi hanno sempre inserito l’eremo francescano sul Monte San Marco, il Convento di San Savino e l’Eremo di San Lorenzo alle Piagge (2). Però, gli storici nell’annoverare tali strutture, commettono un gran errore, poiché esse sono tutte di piccolissime dimensioni e potevano giusto fungere da romitorio per i frati, ma sicuramente non potevano essere veri e propri conventi. I documenti che testimoniano ciò, presenti nell’Archivio di Stato di Ascoli e, in parte, riportati in varie sue pubblicazioni da Giacinto Pagnani, sono molto vetusti, iniziano, infatti, nel 1237, 22 anni dopo la venuta di San Francesco in Ascoli e 11 anni dopo la sua morte. Agli inizi del 1237, una certa “Beldea del fu Ruggero de Fazano” (3) lasciò in dono un’oncia d’oro ai Frati Minori de Esculo. Si è persa ormai memoria di quale sia tale luogo, ma doveva sicuramente trovarsi all’interno della città di Ascoli. La storiografia locale ha collocato tale edificio nei pressi di Ponte Maggiore, al di là del fiume Tronto, dove il viadotto riceve le acque dal Castellano (4). La scoperta del luogo esatto è stata, però, fatta da Pagnani andando a visionare la documentazione appartenente all’abazia di Fiastra e conservata presso l’Archivio di Stato di Roma (5).











Le fotografie delle due pergamene, entrambe in un’elegante protogotica notarile, che riportano l’atto di vendita del convento da parte dei frati per trasferirsi dentro le mura, sono riportate dal medesimo storico nel volume San Francesco d’Assisi e Ascoli Piceno. La prima pergamena datata 10 ottobre 1258, riporta che i frati eleggono un loro procuratore (una sorta di rappresentante legale) che vada a trattare la vendita del convento (6). La scelta del rappresentante viene fatta direttamente dal superiore, frate Umile, con l’avallo degli altri: “Breve recordationis qualiter nos frater Humilis guardianus fratrum Minorum et conventus de Esculo…yconomum ac procuratorem te dominum Tomasium Saraceni” (7). Come si è detto in precedenza, la decisione del superiore fu avallata dagli ‘anziani’ del convento, rispettivamente: frate Corrado vicario, frate Berardo, frate Paolo Rainaldi, frate Gentile, frate Benvenuto de Murro (8), frate Filippo de Padua, frate Marode de Monte Sancte Marie (9), frate Antonio de Fornace, frate Deutesalvi, frate Pietro Bruni, frate Egidio, frate Adiuto, frate Gualtiero, frate Albertino, frate Giovanni, frate Petruccio, frate Cagnuccio, frate Salino e frate Pasquale da Casignano (10).

Il fatto che questi fossero i più anziani del convento lo si deduce in conclusione del documento, poiché appunto i più giovani non vengono nominati: “et omnuim aliorum jovinorum fratrum” (11). Da tale affermazione, si può dedure che i frati più giovani non decisero, ma si accodarono alla scelta degli anziani. Tale atto di procura risulta leggermente differente dagli atti successivi redatti per volere di comunità religiose. In primo luogo, è da notarsi il fatto che il prescelto “te dominum Tomasium Saraceni” risulta in terza persona, inoltre, il superiore e i confratelli più anziani agiscono simultaneamente, stando sullo stesso piano, ad eccezione dei più giovani. L’incipit “Breve recordationis” ricorda molto la modalità di redarre documenti in piena età feudale. Al Saraceni, dai frati viene dato l’incarico di vendere: “locum, domo hedificia et terras, ortos cum hortario dicti conventus, posita estra dictam civitatem in plano Parengiani […] (12) iuxta viam publicam a capite et uno latere, ripam Trunti et Truntum ab alio latere” (13). Questa è una vendita totale, il convento e tutti i suoi possedimenti. Come si evince dal documento, viene indicato con precisione il luogo dove sorgeva l’edificio. Nella seconda pergamena, si va a specificare anche il nome della chiesa annessa al convento, la Chiesa di Sant’Antonio (14). Ci troviamo, dunque, di fronte alla Chiesa di Sant’Antonio in campo Paregnano, che, negli anni successivi, tornerà in mano ai frati e subirà un restauro (15). La chiesa nel corso degli anni, cambiò diversi nomi, oggi è conosciuta come la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (16).

Dunque, sapendo che i francescani si insediarono in Ascoli intorno agli anni trenta del Duecento e che come tutti gli ordini religiosi minori non entrarono subito dentro le mura, possiamo affermare con certezza che questo fu il primo convento francescano in Ascoli. Le origini risalgono all’anno 1206, prima dell’avvento dei francescani, quando una religiosa di nome Amata fondò la chiesa e l’annesso convento in perfetto stile romanico. Dopo varie vicende susseguitesi nel corso dei secoli, si arrivò al XX secolo dove, per volere del vescovo Morgante, la chiesa venne riportata alla semplicità delle sue spoglie medievali e riconsacrata al culto. L’intitolazione ai Santi Pietro e Paolo avvenne nel maggio del 1969. La chiesa, di forma compatta tipo parallelepipedo, è realizzata con blocchi regolari di travertino, tipico materiale del centro storico della Città ascolana. La facciata anteriore presenta soltanto una finestra orbicolare e, quindi, modesta di elementi decorativi e rappresenta un romanico spoglio. Sul lato sinistro, compaiono tre strette monofore. Più in fondo, si trova il corpo circolare con copertura a cupola della sagrestia, fatta costruire nel 1740, mentre l’abside, anch’essa non di origine medievale, venne fatta ricostruire nel 1685. Il suo interno rispecchia la sobrietà dell’esterno essendo costituito da una sola navata a croce latina e volta a crociera. L’abside, unica zona intonacata, è costituita da una volta a botte scandita da vele a intervalli regolari

di Riccardo Renzi (1)

1. Istruttore direttivo presso Biblioteca civica ‘Romolo Spezioli’ di Fermo.
2. G. Pagnani, I viaggi di S. Francesco d’Assisi nelle Marche, Milano, A. Giuffrè, 1962, pp. 50-56.
3. Ivi, p. 53.
4. Bullarium Franciscanum, II, Roma, Sbaraglia, 1761, p. 22.
5. G. Pagnani, San Francesco d’Assisi e Ascoli Piceno, Ripatransone, Maroni, 1983.
6. Nel documento è riportato il nome del procuratore: Tommaso Saraceni.
7. G. Pagnani, San Francesco, cit., p. 23.
8. Murro era il nome della cittadina di Morrovalle nel maceratese.
9. Ci si riferisce a Santa Maria in Lapide a Montemonaco.
10. Ci si riferisce alla vicina Castignano.
11. G. Pagnani, San Francesco, cit., p. 23.
12. Non più leggibile.
13. G. Pagnani, San Francesco, cit., p. 23.
14. Le origini risalgono all’anno 1206, prima dell’avvento dei francescani, quando una religiosa di nome Amata fondò la chiesa e l’annesso convento in perfetto stile romanico. Dopo varie vicende susseguitesi nel corso dei secoli, si arrivò al XX secolo dove per volere del vescovo Morgante la chiesa venne riportata alla semplicità delle sue spoglie medievali e riconsacrata al culto. L’intitolazione ai Santi Pietro e Paolo avvenne nel maggio del 1969. La chiesa, di forma compatta tipo parallelepipedo, è realizzata con blocchi regolari di travertino, tipico materiale del centro storico della Città ascolana. La facciata anteriore presenta soltanto una finestra orbicolare e, quindi, modesta di elementi decorativi e rappresenta un romanico spoglio. Sul lato sinistro, compaiono tre strette monofore. Più in fondo, si trova il corpo circolare con copertura a cupola della sagrestia, fatta costruire nel 1740, mentre l’abside, anch’essa non di origine medievale, venne fatta ricostruire nel 1685. Il suo interno rispecchia la sobrietà dell’esterno essendo costituito da una sola navata a croce latina e volta a crociera. L’abside, unica zona intonacata, è costituita da una volta a botte scandita da vele a intervalli regolari.
15. G. Travaglini, Camminando per Ascoli – Guida ai monumenti della città, Ascoli, Edizioni Lìbrati, Casa editrice della Libreria Rinascita di Ascoli Piceno, 2016, p. 47.
16. Guida alle chiese romaniche di Ascoli Piceno, città di travertino, Ascoli Piceno, D’Auria, 2006.