Undicesimo comandamento: Non essere diversa

Amy Witting è l’autrice del romanzo La lettrice testarda: storia di Isobel, inconsueta protagonista che attraversa l’infanzia e l’adolescenza per diventare scrittrice in età adulta. Sullo sfondo, si agitano diverse figure femminili, tutte inusuali, irrisolte, lontane dal modello di perfezione sociale che la morale comune propagandava nell’Australia degli anni ‘70. Non è un caso che il manoscritto sia rimasto per ben 10 anni nel cassetto dell’autrice in attesa di un editore abbastanza temerario da pubblicarlo. L’opera della Witting, reputata troppo all’avanguardia per i tempi, tocca tematiche spinose che il pubblico non era ancora pronto a prendere in considerazione. Tra queste, il controverso rapporto tra la protagonista Isobel e la madre, quest’ultima sempre pronta a denigrare e sminuire la figlia con una feroce crudeltà. La signora Callaghan è il primo ritratto di donna imperfetta: inizialmente, sposa irritante, poi, madre ferina, infine, cognata gelosa e avida. Seguono Betty, la ‘disfa famiglie’; la signora Bowers, nemica del sesso, del matrimonio e degli uomini; la signora Prendergast, costantemente ossessionata dalla morte e in guerra con il destino; Medge, additata per la sua ‘leggerezza’, per aver aderito al credo buddista e per aver scelto il ‘fidanzato sbagliato’; non poteva mancare Diana, ossessionata dalla sua passione per Nick e, per questo, perennemente oggetto di chiacchiere da parte degli amici; per fortuna c’è la zia Noelene, risoluta, benestante, sempre ben vestita e curata ‘malgrado la bruttezza’. Una popolazione di donne additate, malgiudicate, grottesche, mediocri e di dubbia fama. In un mondo che non risparmia alle donne giudizi e pettegolezzi, Isobel capisce sin dall’infanzia che se vuole salvarsi deve adottare strategie resilienti: essere più gentile, più stupida, più insipida, più zitta. Basta non infrangere l’undicesimo comandamento: non essere diversa e ritagliarsi uno spazio mentale in cui poter essere realmente a proprio agio, circondandosi di libri, parole e silenzi lontano dall’orbita della società.

Tuttavia, se Isobel vuole essere libera e indipendente deve andare a lavorare, vivere da sola e confrontarsi con i suoi coetanei. Uno sperimentalismo sociale fallimentare che la spinge, continuamente, a imbattersi in se stessa: inadeguata, inopportuna, ironica, troppo sincera, per nulla incline all’innamoramento e ai sentimentalismi. Il suo modello di vita non coincide con l’immagine della collega ordinaria e presto sposa che siede alla scrivania adiacente alla sua, ma piuttosto a quella del vecchio signor Watkin, una vita al maschile: la sua giornata tipo è quella trascorsa a leggere nel Caffè di Globe Road. Mentre Isobel si dibatte per trovare un posto nel mondo, a darle una dritta è il comunista Frank che, oltre ad aver intuito il suo talento speciale per dire le cose, le fa notare che è assai improbabile che possa diventare come tutti gli altri e le chiede se ha mai pensato di prendere in considerazione l’idea di scrivere. Intuizione giusta, ma prematura, Isobel dovrà ritornare nei luoghi della sua infanzia per riappacificarsi con la bambina che è stata e accettare che la condizione umana ci impone di instaurare legami con gli altri. Qui, si conclude il percorso d’emancipazione di Isobel e inizia il viaggio della consapevolezza e del riscatto attraverso la parola letta e, infine, attraverso quella scritta: (…) bastavano una penna e un quaderno, non ci voleva altro (…) c’erano parole che potevano essere portate in giro come talismani.

di Tiziana Santoro