Spazio Macos inaugura il progetto ‘Opere in permanenza’, a cura di Mamy Costa, con le nuove opere di Ignazio Pandolfo, in mostra fino al 14 febbraio online sulle pagine Facebook e Instagram dello spazio espositivo, e presso i locali della galleria in via Cardines, 16 su prenotazione. Un’arte innovativa quella di Pandolfo, radiologo dalle molte anime artistiche (anche stimato scrittore di romanzi noir), che abbandona qualsiasi presupposto concettuale per rendere i suoi lavori disponibili alle molteplici interpretazioni del visitatore, in un dialogo col suo inconscio. Presupposto ancor più significativo in tempo di pandemia, in cui la fruizione a distanza è diventata modalità privilegiata per rapportarsi all’arte, che, tuttavia, trova nella comunicazione intima, in solitudine, l’atmosfera giusta per sollecitare delle risposte coerenti con le istanze dell’interiorità psichica. Un’arte definita dall’autore stesso ‘aconcettuale’, aperta a più significati possibili, in quanto libera da quegli elementi di soggettività dell’artista che permangono anche nelle espressioni tipiche dell’astrattismo: “Dietro l’astrattismo c’è, comunque, una concettualità: l’energia che sprigiono, il subcosciente che parla, la mia interiorità che si sviluppa… Invece, i miei dipinti non descrivono la mia intimità, ma sono fatti per parlare con quella dell’osservatore. Se il quadro riesce a trasmettere qualcosa, vuol dire che è passato un messaggio, altrimenti non c’è stata alcuna comunicazione significativa”.
Secondo tale presupposto, la domanda all’artista sul significato del quadro perde senso, assumendolo, di volta in volta, da ciò che il visitatore riconosce in rapporto alle istanze della propria anima. Un’arte per chi la osserva, quindi, vissuta dall’interno, per riconoscere nelle pennellate sulla tela un universo variegato, che si muove tra le pieghe della soggettività. Anche un regalo per immagini ai visitatori, da parte di un autore che, dopo un passato artistico ispirato al simbolismo, al surrealismo, all’arte latino americana, persino a quella del tatuaggio, si sgancia da qualsiasi corrente, perseguendo l’intento di uscire dall’arte concettuale. “Il concetto alla base di questi dipinti è proprio l’assenza di concettualità – continua l’autore –, diversamente da come accadeva, ad esempio, negli anni ‘60, quando l’arte era concettuale, e dietro un quadro c’era un’idea, politica, sociale, religiosa o filosofica; nelle mie opere non c’è alcun concetto, ma solo l’immagine pura”. Un superamento di schemi, infine, anche nell’aspetto innovativo della struttura tecnica di base, definita ‘polimaterica’, per l’utilizzo di colori acrilici, resine epossidiche (materiali sintetici particolari) e silicone in diversi colori. Tutto su tela monocromatica, per un risultato dall’effetto psichedelico ad alto impatto visivo. Dopo il 14 febbraio, la mostra, iniziata il 26 gennaio scorso, rimarrà permanente nei locali della galleria Macos.