Nelle pagine scritte da Phaedra Patrick, La donna che realizzava i sogni è Martha Storm, un’aspirante ed efficiente bibliotecaria che ha un unico difetto: non sa dire di “no”. Il taccuino di Martha raccoglie le richieste bizzarre di parenti e concittadini, troppo spesso Lilian, Nora, Horatio, Branda delegano a Martha ogni ‘grana-succhiatempo’ del vivere quotidiano: cucire, lavare i panni, badare al pesce rosso. Martha si prodiga per realizzare i sogni di tutti, senza nemmeno accorgersi che sta perdendo di vista i suoi e che si sta trasformando in una donna sola, un’accumulatrice compulsiva, dall’aspetto trascurato e démodé. Ad interrompere la triste routine di Martha, è il ritrovamento di un manoscritto che la condurrà sino a Zelda. Quest’ultima è la nonna amatissima e anticonformista, sparita dalla sua vita per proteggerla da scomodi segreti del passato. La prima gabbia che ha imprigionato Martha è quella familiare: un padre rigido e autoritario, una madre remissiva, una sorella egoista e una nonna troppo esuberante per non incrinare equilibri già così precari. In quel manoscritto di storie, è racchiusa la vera identità di Martha, la sua storia più autentica, ma anche quella che riguarda e rinnova il legame con la madre Betty e la nonna Zelda. Quei racconti rappresentano la chiave per cambiare il suo futuro e conseguire il successo personale e professionale. La lezione da imparare è che il passato non si può cambiare, ma va accettato e messo da parte per orientare con fiducia il futuro. All’insegna del ritrovato ottimismo, Martha supera i traumi dell’infanzia e ricostruisce una rete di affetti intorno a sé, inizia a scrivere e a convincere Clive che merita di essere assunta a tempo indeterminato.
La trama centrale, seppure contraddistinta da colpi di scena e sorprendenti rivelazioni, è la cornice perfetta entro cui l’autrice colloca cinque favole rivelatrici delle ‘gabbie affettive’ che regolano i legami familiari. La Patrick affida a una prosa lirica il difficile compito di svelare la complessità del cuore umano e lo fa con la semplicità delle favole che si raccontano ai più piccoli. Il primo racconto descrive l’ansia di volare della ‘ragazza uccello’ e la difficoltà di trovare il coraggio per emanciparsi. La seconda riguarda il sacrificio d’amore di una sirena che ha rinnegato la sua natura per sposare un pescatore e vivere sulla terra, rinunciando alla propria felicità. La terza storia ha per protagonista un burattinaio che aveva trasformato in marionette le figlie disubbidienti e la moglie. Quando quest’ultima decise di tagliare i fili per far scappare le figlie, soltanto una di loro decise di fuggire, invece, l’altra si rassegnò a rimanere al suo fianco e rinunciò per sempre alla libertà. La quarta favola riguarda una ragazzina che aveva per amici una tigre e un unicorno, poiché i due erano incompatibili, la ragazzina era costretta a tenerli separati e ad adattarsi a loro senza poter mai essere fino in fondo se stessa. Quando, su consiglio dell’orso, ha provato a riavvicinarli, la tigre ha agito secondo natura, mangiando l’unicorno.
L’ultima favola riguarda un taglialegna e un usignolo che cantando allontanava la sua solitudine. Addomesticato con qualche mollica di pane, l’usignolo accettò di seguire il taglialegna, ma una volta in gabbia iniziò a cantare meno. L’uomo provò a liberarlo, ma poiché l’usignolo non era più capace di procurarsi il cibo, il taglialegna dovette convivere col rimorso di essersi impossessato di una cosa bella e di aver cercato di trasformarla in qualcos’altro. Ogni personaggio ha dovuto fare i conti con la gabbia in cui si era rinchiuso pur di assecondare o soddisfare un legame sentimentale. Ciascuno ha dovuto rinunciare per sempre a una parte di sé: l’autonomia, l’identità, la libertà, la ribellione o, semplicemente, ha accettato di vivere nel rimorso per aver limitato il potenziale di chi ha amato. Solo Martha, dopo aver vissuto nel faro di Siegfried, ha trovato la giusta distanza emotiva per aprire la sua gabbia e spiccare il volo: più si allontanava dagli altri e più ritrovava se stessa e il suo talento, mentre aspettava che le cose cambiassero, era cambiata anche lei.
di Tiziana Santoro