Il traguardo dell’uomo che voleva diventare Dio

Nel libro la Storia di Cristo, di Giovanni Papini, lo scrittore segna il traguardo, l’approdo letterario di un uomo che “voleva diventare Dio”; aveva una sete di onniscienza e di onnipotenza e dovette, deluso, arrendersi, e considerarsi un “uomo finito”. Era pieno di orgoglio, offese Cristo e, come pochi altri – afferma lui stesso – prima di lui; ma dopo sei anni di gran travaglio, ad un tratto (è questa la sua confessione), sollecitato e sospinto da una Forza più forte di lui, cominciò a scrivere la Storia di Cristo. È significativo ciò che scrive nell’introduzione: “L’autore di questo libro, volle, in un momento di superbia ‘luciferina’, diventare Dio. Ora, nella maturità degli anni e della coscienza, ha tentato di scrivere la vita di un Dio che si fece uomo”. Con queste parole, Papini attesta di aver raggiunto il traguardo tanto sospirato perché “l’uomo raggiunge Dio solo quando Dio diventa uomo”. Come Prometeo voleva toccare il cielo con un dito ma – ripeto – dovette arrendersi e considerarsi un uomo finito. Capì, dopo la conversione, che l’uomo diventa Dio solo accogliendoLo in Gesù Cristo.

Nella fase finale della sua vita, ha dato una luminosa testimonianza di Fede. Colpito da una terribile malattia, la paralisi progressiva che lo privò dell’uso delle gambe, delle braccia e, infine, della parola, non si disperò, ma felice scrisse, a proposito, un famoso testo La felicità dell’infelice, in cui risplende la sua serenità. “Mi stupiscono – diceva – coloro che si stupiscono della mia felicità, nonostante lo stato miserando in cui mi ha ridotto la mia malattia. Ho perduto l’uso delle gambe, delle braccia, delle mani, sono quasi diventato cieco, non posso stringere la mano di un amico, ma ho salvato il meglio di me, seppure a prezzo di quotidiane guerre, ho salvato la Fede, l’intelligenza, la memoria, la fantasia, la passione di meditare e di ragionare e quella luce interiore che si chiama intuizione o ispirazione.

di Alfonso Saya