Il mensile Stile Arte ha riportato, qualche tempo fa, una scoperta di Roberta Lapucci sul pittore Caravaggio. Il grande Maestro pare avesse creato una polvere contenente coleotteri luminosi seccati che utilizzava per i suoi dipinti. Egli aveva allestito nel suo studio una sorta di camera ottica per sfruttare ai massimi livelli le potenzialità della luce. Allo scopo, aveva fatto realizzare un buco nel soffitto da dove poteva filtrare la luce che, con l’aiuto di una lente biconvessa e uno specchio concavo, rifletteva, direttamente, sulla tela l’immagine del soggetto da dipingere. Secondo la studiosa Roberta Lapucci, mutando la luminosità e i modelli, il Maestro era costretto a cambiare anche le proiezioni. Analizzando i suoi quadri, si è riscontrata la presenza di argento, arsenico, magnesio, zolfo, iodio, materiali fotosensibili che aumentavano la luminosità del dipinto, miglioravano la profondità spaziale e consentivano al Caravaggio di lavorare anche al buio. Il grande pittore, partendo da una composizione tracciata nelle sue linee essenziali, usando biacca e distillato di lucciole, che producevano un effetto fluorescente, dava inizio alla composizione.
di Domenica Timpano