La famosa Lettera che Maria consegnò ai messinesi, com’era prevedibile, suscitò polemiche e gelosie specie nella città di Palermo, sempre in aperto contrasto con la città dello Stretto che, dal 42 d.C., ha sempre invocato la protezione di Maria, ricordando la promessa “Benediciamo voi e la stessa città”. I messinesi furono accusati di ‘boria’ e il grecista, Costantino Lascaris, che aveva tradotto il prezioso documento dalla lingua greca a quella latina, venne giudicato un millantatore. I detrattori, però, mettevano in dubbio l’autenticità dell’accaduto denigrando anche altri studiosi che ritenevano veritiera la Lettera. Non sempre, però, gli avvenimenti storici sono perfettamente valutabili, in quanto le fonti storiche, talvolta, si contraddicono e la tradizione ha un suo innegabile peso. Essa è una testimonianza profonda di fatti straordinari vissuti intensamente da una comunità, la cui memoria si tramanda da padre in figlio, sicuramente, con qualche libertà di interpretazione, ma è assodato che tali fatti e avvenimenti, che appartengono ad una estesa comunità, hanno un fondamento di verità.
La devozione dei messinesi verso la Madonna, del resto, risale talmente indietro nel tempo da lasciar tracce anche nel tessuto urbano. Secondo un’antica tradizione, la custodia della Lettera era costituita da un rotolo che, in ricordo della missiva della Madonna si dice abbia denominato una misura di peso siciliana di circa 800 grammi, “u rotulu”. Il nome tipico messinese è Letterio e, ancora oggi, accade di sentire questo nome, talvolta col diminutivo di Lillo, in ricordo della Lettera della Madonna. Tra le pieghe del tempo, emerge, senza dubbio, l’attaccamento dei cittadini che, per più di 2.000 anni, hanno invocato la celeste protettrice nei momenti più critici della loro millenaria storia. Persino nell’intraprendere un’azione di rivolta verso gli oppressori si gridava “Viva Maria”, un’invocazione che, tuttora, domina la processione dell’Alma Maria di Ferragosto.
di Marisa Frasca Rustica