In un libro, molto interessante, sulla vita del Martire San Placido nostro compatrono, vi sono pagine, davvero, coinvolgenti poiché narrano fatti che non possiamo neanche immaginare che sono “segni” tangibili della sua presenza in mezzo a noi a cui nessuno può dubitare. È un libro preziosissimo, poiché tira dall’oblio il passato mistico di Messina e suscita il “ricordo” nel senso etimologico della parola, cioè di riportare nel cuore la vita, le gesta, gli attimi sempre eterni degli uomini grandi, dei santi messinesi, come il nostro grande santo, vissuto nel VI secolo, figlio di Faustina, nobildonna messinese e Tertullo, discepolo prediletto di San Benedetto. Fu martirizzato a Messina, nel 541. Il fatto che non si può neanche immaginare – dicevo – è, per esempio, l’ulivo di San Placido che esiste ancora dopo 1500 anni, nel cortile delle Suore Domenicane, del Sacro Cuore nella Zona dell’Arcipeschieri, e che, dopo il terremoto del 1908, è stato qui trapiantato ed è ancora vivo, forte e rigoglioso nonostante sia stato sotterrato con il ceppo, spezzato in due. Un fatto, ovviamente prodigioso.
Si trovava nel cortile, tra la Chiesa di San Giovanni di Malta e il Palazzo Reale, poi Prefettura, addossato proprio al suddetto Palazzo sino al terremoto del 1908 adiacente alla Villa Mazzini. Secondo la tradizione risaliva ai tempi di San Placido ed è stato, quindi, muto testimone del suo Martirio, appunto, era chiamato ancora “l’Ulivo di San Placido”. Quando fu costruita la Prefettura, l’Ulivo fu, letteralmente, stroncato, profittando dell’emergenza del terremoto, altrimenti il popolo messinese mai avrebbe permesso un tale affronto alla sua storia, alla sua fede, cui ha attentato lo spirito di virulento anticlericalismo che caratterizzava la nostra Città. Tuttavia, miracolosamente, rifiorì dalle sue ceneri ed è “presente tutt’oggi, in mezzo a noi ed ha la bella età, di 1644 anni. Durante i lavori di Sterro, per costruire la Prefettura, l’arcivescovo di Messina, mons. Letterio D’Arrigo chiese che gli fosse consegnato l’Ulivo per preservarlo dalla distruzione. Mandò alcuni fedeli fra cui Giuseppe Villari di Bordonaro perché lo estirpassero e lo trasportassero nella sua villa del Sacro Cuore all’Arcipeschieri. Trattandosi di un albero secolare si sconsigliava l’arcivescovo ad attuare tale progetto, perché l’Ulivo sarebbe appassito.
Ma l’arcivescovo non si lasciò dissuadere e, così, l’albero fu sfrondato e sradicato e rimase dell’Ulivo solo un troncone, Fu caricato su un carretto trainato dai buoi, ma malamente legato cadde e si spezzò in due. Nonostante ciò, fu messo a dimora e affidato alle cure di una suora che doveva innaffiarlo quotidianamente, tra l’incredulità e lo stupore quel malandato troncone ricominciò a germogliare. Ancora oggi, esiste nel giardino delle Suore del Sacro Cuore. Un altro prodigio si è verificato nella villetta antistante la Chiesa di San Placido, è stato trapiantato un virgulto staccato dall’Ulivo piantato nella villetta del Suore del Sacro Cuore ed è rifiorito. L’Ulivo millenario di San Placido ha sfidato le leggi della natura e dell’agraria ed è una viva testimonianza del nostro grande santo martire, compatrono e luminoso segno tangibile della sua presenza.
di Alfonso Saya