In un mondo e società spesso invasi da ogni forma di indifferenza e grave mancanza di fede, il presepe rimane l’affermazione di qualcosa che va controcorrente. Alla domanda che viene da diverse persone di ogni genere e credenza e non credenza sul perché allestire il presepe per la festa del natale, che cosa si risponde? Ecco i quindici ragioni che Papa Francesco ci dà nella sua lettera apostolica che parla sul significato e il valore del presepe, Admirabile signum, data a Greccio, nel Santuario del Presepe, 1° dicembre 2019.
La prima, il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia perché rappresenta l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia (n. 1).
La seconda, il presepe è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura (n. 1). Questo Vangelo vivente ci mette spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo (n. 1). Gesù, Dio incarnato, ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui (n. 1).
La terza, la scena della natività provoca la bella e consuetudine tradizione di allestire il presepe nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… (n. 1). Mentre si apprezza questo esercizio di fantasia creative che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza, il Papa augura che questa pratica non venga mai meno; anzi, spera che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata (n. 1).
La quarta, si allestisce il presepe a causa delle sue origini evangeliche. Entrando in questo mondo, il Figlio di Dio trova posto dove gli animali vanno a mangiare. Il fieno diventa il primo giaciglio per Colui che si rivelerà come «il pane disceso dal cielo» (Gv 6,41) (n. 2). Quindi, il presepe contiene diversi misteri della vita di Gesù e li fa sentire vicini alla nostra vita quotidiana (n. 2).
La quinta, il presepe chi fa ricordare l’esperienza di San Francesco a Greccio. Durante la sua visita a Greccio, nel 1223, San Francesco fu stupito dalle grotte che vide in questa città del centro Italia. Il 25 dicembre giunsero a Greccio molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai casolari della zona, portando fiori e fiaccole per illuminare quella santa notte. Arrivato Francesco, trovò la greppia con il fieno, il bue e l’asinello (n. 2). Un sacerdote celebrava così il sacrificio eucaristico sulla mangiatoia così mostrando il legame tra l’Incarnazione del Figlio di Dio e l’Eucaristia (n. 2).
La sesta, il presepe è l’inizio della tradizione in cui tutti attorno alla grotta e ricolmi di gioia, senza più alcuna distanza tra l’evento che si compie e quanti diventano partecipi del mistero (n. 2). Dunque, attraverso questa semplice fraternità, San Francesco iniziò un grande lavoro di evangelizzazione che, anche oggi, riesce ad offrire una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità (n. 3).
La settima, il presepe manifesta la tenerezza di Dio (n. 3). Infatti, dall’origine francescana il presepe è un invito a ‘sentire’, a ‘toccare’ la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione (n. 3). Il presepe ci invita a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi (cfr Mt 25,31-46) (n. 3).
L’ottava, i paesaggi del presepe sono talmente particolari. Essi spesso rappresentano le rovine di case e palazzi antichi (n. 4). Queste rovine sono il segno visibile dell’umanità decaduta, di tutto ciò che va in rovina, che è corrotto e intristito (n. 4). Questo ambiente ci informa che Gesù è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario (n. 4).
La nona, nel presepe c’è la figura importante dei pastori. Quest’ultimi erano unici perché a differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata (n. 5). Essi rispondono a Dio che ci viene incontro nel Bambino Gesù… mettendosi in cammino verso di Lui, per un incontro di amore e di grato stupore (n. 5).
La decima, nel presepe ci sono i poveri e i semplici. I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza (n. 6). Dalla sua mangiatoia, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato (n. 6).
L’undicesima, il presepe ci fa più attenti alla santità quotidiana. Interessante che dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le brocche d’acqua ai bambini che giocano…: tutto ciò rappresenta la santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni (n. 6).
La dodicesima, il presepe ci ricorda Maria e Giuseppe. Maria è una mamma che contempla il suo bambino e lo mostra a quanti vengono a visitarlo… Vediamo in lei la Madre di Dio che non tiene il suo Figlio solo per sé, ma a tutti chiede di obbedire alla sua parola e metterla in pratica (cfr Gv 2,5) (n. 7). A sua parte, Giuseppe è in atteggiamento di proteggere il Bambino e la sua mamma (n. 7). Giuseppe è il uomo giusto perché si è sempre affidato alla volontà di Dio e l’ha messa in pratica (n. 7).
La tredicesima, il fulcro del presepe é la statuina di Gesù Bambino (n. 8), la sua vera vita! In Gesù Dio è stato bambino e in questa condizione ha voluto rivelare la grandezza del suo amore che si manifesta in un sorriso e nel tendere le sue mani verso chiunque (n. 8). Il presepe ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio (n.8).
La quattordicesima, il presepe ci fa incontrare i tre Re Magi. La loro presenza nel presepe ci ricorda che noi, come cristiani, abbiamo la responsabilità di condividere il vangelo ovunque andremo. I Magi insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo (n. 9). Quando ritornarono a casa condivisero cogli altri questo incontro con il Messia, inaugurando il viaggio del Vangelo tra le genti (n. 9).
La quindicesima, tramite il presepe trasmetteremo la fede cristiana. Questi ricordi di quando eravamo bambini, che ci stupimmo davanti al presepe, ci fanno sentire il dovere e la gioia di partecipare ai figli e ai nipoti la stessa esperienza (n. 10). Quello che veramente conta non è come si allestisce il presepe ma ciò che conta, è che esso parli alla nostra vita (n. 10). Il presepe, a partire dall’infanzia e poi in ogni età della vita, ci educa a contemplare Gesù, a sentire l’amore di Dio per noi, a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui (n. 10). È saggio continuare ad allestire il presepe di Natale anno dopo anno perché la sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza (cfr Lc 1,79) (n. 4).
di Fra Mario Attard