Secondo le previsioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), le conseguenze della pandemia del Covid-19 sono nettamente cataclismatiche. Infatti, si parla di ben 195 milioni di lavoratori che diventeranno disoccupati. Il dramma si intensifica perché – secondo la nuova pubblicazione del Oil – in certe settori sono, pressappoco, 1,25 miliardi di lavoratori che entrano nella fascia dei licenziamenti e della riduzione dei salari, nonché dell’orario di lavoro. Il direttore generale dell’Oil, Guy Ryder, afferma: “Le scelte che facciamo, oggi, influenzeranno direttamente il modo in cui questa crisi si svilupperà e la vita di miliardi di persone”. Okay, sig. Ryder, stai dicendo una grande verità! Ma per fare le scelte giuste, occorre avere la corretta visione del lavoro! E, grazie a Dio, la Chiesa Cattolica, ispirata dal Vangelo e dal suo sano insegnamento, ci dà la visione efficace del mondo del lavoro. Tutti noi, come esseri umani, abbiamo il compito di coltivare e custodire la terra. Difatti, Dio disse all’uomo e la donna: “Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra” (Gen 1,28). “La partenza dell’uomo dalla comunione con Dio ha infettato la sua esperienza del lavoro stesso. Ora, quest’ ultimo venne preso come un castigo e non come un atto di estrema fiducia di Dio per il uomo (…) Gesù stesso descrive la sua missione come un operare: Il Padre mio opera sempre e anch’io opero” (Gv 5,17).
Il culmine dell’opera lavorativa di Gesù è il suo mistero pasquale, cioè la passione, la morte e la sua definitiva resurrezione. Lavorare è un dovere. L’Apostolo Paolo ci dice: “Infatti, voi stessi sapete come ci dovete imitare: perché non ci siamo comportati disordinatamente tra di voi; né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di nessuno, ma con fatica e con pena abbiamo lavorato notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi. Non che non ne avessimo il diritto, ma abbiamo voluto darvi noi stessi come esempio, perché ci imitaste. Infatti, quando eravamo con voi, vi comandavamo questo: che se qualcuno non vuole lavorare, neppure deve mangiare. Difatti, sentiamo che alcuni tra di voi si comportano disordinatamente, non lavorando affatto, ma affaccendandosi in cose futili. Ordiniamo a quei tali e li esortiamo, nel Signore Gesù Cristo, a mangiare il proprio pane, lavorando tranquillamente”. (2 Ts 3,6-12). “Ovviamente, il lavoro richiede la giusta remunerazione dei lavoratori. San Giacomo ci avverte su questo con parole che non lasciano altri interpretazioni se non quello che c’è scritto sulla santa pagina! Guai a chi gioca con la vita dei suoi lavoratori solamente perché essi dipendono da lui o lei! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti” (Gc 5,4). Questo fa molto senso, perché – e come sottolinea Sant’Ambrogio – è la mano di Cristo, per mezzo del lavoratore, che continua a creare e a fare del bene. Allora, lasciamoci incoraggiare e guidare da queste due riflessioni che Papa Francesco ci offre sulla dignità del lavoro. La prima: “Il lavoro umano è parte della creazione e continua il lavoro creativo di Dio. Questa verità ci porta a considerare il lavoro sia un dono che un dovere. Il lavoro perciò non è meramente una merce, ma possiede la sua propria dignità e valore”. La seconda: “Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”.
Preghiamo con Papa San Giovanni Paolo II: “Ti prego, o Dio, per il bene di tutti: siano realizzate le nostre giuste aspirazioni; siano superati i momenti e i motivi di crisi; il lavoro non sia mai un’alienazione per nessuno; al contrario, esso sia da tutti onorato come merita; l’ambiente di lavoro sia, realmente, a misura d’uomo e l’uomo possa apprezzarlo come un prolungamento della propria famiglia; perché il lavoro aiuti l’uomo a essere più uomo”.
di Fra Mario Attard