Meglio vivere un giorno da leone, cento giorni da pecora o… cinquanta giorni da orsacchiotto?

Un famoso attore comico, Massimo Troisi, molto caro al nostro cuore, si chiedeva, scherzando, se era meglio vivere un solo giorno da leone o cento da pecora, e poi, non soddisfatto dalle due ipotesi, proponeva timidamente, e ove fosse possibile, di trovare una terza opzione. E cioè quella di poter vivere cinquanta giorni da orsacchiotto. Perché no? Vivere un solo giorno da leoni è un’opzione che faceva molti proseliti in passato, fra quanti si sono distinti per atti eroici che non accendono l’animo dell’uomo moderno. Se qualcuno prova a fare l’eroe per seguire con coraggio le proprie idee, non passa alla storia, ma viene emarginato e dimenticato in fretta. Vivere cento giorni da pecora mette, sicuramente, tristezza, ma può convenire a quanti si pongono (ci poniamo) come fine ultimo di essere “gente comune” senza infamia e senza lode.

La terza opzione potrebbe sembrare quella più condivisibile non facendo prevedere spiacevoli sorprese, situazioni di disagio, di pericolo o di stress. Una posizione sfumata, che rifugge dagli estremismi. “In medio stat virtus”, così recita un motto latino. Ma sarà poi così vero?
Se tutti scegliessimo la terza opzione, la vita, forse, perderebbe di smalto e vivacità, divenendo davvero noiosa e soprattutto non renderebbe giustizia all’intelligenza, al decoro, all’orgoglio dell’uomo che della vita dovrebbe essere protagonista assoluto. Certo sono scelte del tutto personali e, per questo, non criticabili. L’ideale, forse, sarebbe di adattarsi ai tempi e agli avvenimenti e mostrare di sé il volto che può assicurare sempre, e comunque, un minimo di dignità.

di Domenica Timpano