Terrore dei bagnanti in celebri film e, a volte, anche nella realtà, ma anche indispensabile per la catena alimentare marina, lo squalo bianco è, oggi, a rischio di estinzione nel Mediterraneo, a causa “delle innumerevoli e spesso deleterie attività umane”. L’allarme è lanciato da uno studio realizzato dall’Università La Sapienza, in collaborazione con la Stanford University e la Virginia Tech University. I tre atenei, in collaborazione con l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr (Irbim-Cnr), la Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli e l’Ispra, hanno stimato l’andamento della presenza del re degli squali nel bacino negli ultimi 160 anni. La stima è stata possibile attraverso più di 700 segnalazioni, combinate con i database e la letteratura. I risultati hanno evidenziato un progressivo incremento del numero di squali seguito da un rapido declino dalla seconda metà del Novecento. “Il decremento – spiega Giovanna Jona Lasinio, del Dipartimento di Scienze statistiche della Sapienza – non è uniforme: nel Mediterraneo centrale ammonta al 52%, nel Mar di Marmara al 96%. Ad accompagnarlo, è, spesso, una riduzione degli spazi occupati, un segnale associato a popolazioni a rischio”.
Secondo lo studio, il ridimensionamento della specie rischia di avere impatti disastrosi per l’ecosistema del bacino. “È stato dimostrato – afferma Stefano Moro, del Dipartimento di Biologia ambientale dell’ateneo romano – come la rimozione dei predatori apicali negli ecosistemi marini porti a disastrosi effetti sulla catena alimentare. Il Mediterraneo, da questo punto di vista, rappresenta un primato negativo a scala globale con più del 50% di specie di squali classificate dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) come minacciate a livello regionale”. (Ansa)