Anche il poeta romano Orazio, nelle sue Odi, celebra la bontà del tordo accompagnato dal Falerno, uno dei vini Doc dell’epoca. Circa un secolo dopo Marziale, nei suoi Epigrammi, replica il giudizio dicendo: “Inter aves turdus” “tra gli uccelli il migliore è il tordo”, opinione condivisa, naturalmente, dai moderni… cacciatori. È la nemesi della specie. Il tordo ha molti nemici: ghiri, scoiattoli, martore, faine, nocciolaia, ghiandaia, cornacchie. Lo stesso è per i pulcini nel nido. Nell’uscire dalla cova, sono moto appetibili dato poi che i giovani sono ‘dolci di sale’. E, tra i nemici, si aggiungono i gatti, le bisce più grosse e gli uccelli notturni. Abbastanza cresciuti per i voli nel distretto di nascita, entrano in scena i falchi e falchetti da caccia ad appostarli alle abbeverate, sulle piante da frutta e allo scoperto nelle radure. Durante la migrazione, poi, si lascia dietro una scia di piume da qui fino all’Africa. Nonostante il massiccio prelievo, la specie ha retto benissimo, finché per proteggere il raccolto delle olive, in Tunisia e Algeria, ne sono stati intossicati milioni agli abbeveratoi, facendo concime delle spoglie. Attualmente, la specie dimostra qualche contrazione. L’area nidificatoria comprende tutta l’Europa dalla linea Pirenei-Balcani, andando oltre il Circolo Polare. Da noi, è una specie di passo, con stazionamento tra gli uliveti tra novembre e gennaio. Tra i tordi, questa specie è quella che presenta una forma più raccolta, meno slanciata, con coda più breve. Tutte le parti superiori sono di colore bruno olivastro. Il petto fulvoccio o bianco fulvoccio, è macchiato di piume a goccia fino ai fianchi e al ventre.
I sessi sono simili. Il peso è di 65-85 grammi. Il nido è caratteristico, esso presenta all’esterno stecchetti e muschio uniti con fango, all’interno una vera e propria scodella di legno fradicio, raccolta dai ceppi e impastato con saliva. La deposizione consta di 4-6 (3-7) uova incubate dalla femmina con due o, eccezionalmente, tre covate stagionali. Il maschio ha un forte e armonioso canto, con strofe ripetute due-tre volte, struggente in certi suoi passaggi musicali: una delle voci più belle del mondo ornitico. I giovani, che divengono presto indipendenti, si uniscono e si fanno guidare da merli e tordele, spesso seguendoli con tramuti verticali per usufruire dal basso all’alto della maturazione della frutta silvestre. Da ottobre, compaiono da noi i primi migratori. Diminuiscono i rischi dei trasferimenti viaggiando nelle ore notturne, soli o a gruppetti di due o tre per volta. Scendono e sostano sul venir del giorno, popolano boschi, vigneti, oliveti, si addensano nelle siepi della pianura, sempre attratti dalla presenza del merlo cantatore. Il cacciatore, cosiddetto ‘uccellinaio’, ama la caccia al tordo dall’alba al tramonto, allo ‘spollo’ e al rientro (giucchu) i cacciatori scrutano il cielo per vedere le marvizze (i tordi). Cinque o sei tordi arricchiscono la cucina, non per niente erano prediletti ‘sulla tavola’ dagli antichi romani. “… bastano alcune marvizze ed è musica, una gioia di vivere errando per monti, campi, boschi in libertà a ritrovare se stesso…”.
di Armando Russo