Ha preso il via, anche in Italia, la campagna vaccinale per prevenire Covid-19, secondo il piano nazionale di vaccinazione che prevede più fasi. Ma quante persone devono vaccinarsi per raggiungere la copertura necessaria a proteggere anche coloro che non sono vaccinati? Quando avremo, dunque, l’immunità di comunità o comunità di gregge? Ne parla il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University.
Cos’è l’immunità di comunità?
“Il vaccino consente di raggiungere l’immunità da un determinato agente infettivo attivando nell’organismo del soggetto cui viene somministrato la memoria immunologica del virus. I vaccini, infatti, sono costituiti da sostanze che sollecitano il sistema immunitario a scatenare una risposta analoga a quella che verrebbe stimolata dall’agente patogeno. In questo modo, l’organismo è in grado di ricordare e riconoscere il patogeno in questione e, in caso di aggressione, attivare rapidamente una risposta immunitaria adeguata. Un basso livello di immunizzazione delle persone consente ai virus e ai batteri di diffondersi, rapidamente, mentre man mano che aumenta il numero di immuni diminuisce la progressione dell’agente infettivo, fino ad arrivare a un’immunizzazione quasi completa della popolazione (esclusi, dunque, tutti gli individui che per la loro storia clinica non possono vaccinarsi) che blocca la diffusione degli agenti infettivi andando a garantire la sicurezza anche della fascia più debole e non vaccinata della comunità”.
Perché non è possibile raggiungere l’immunità senza vaccinazione?
“L’immunità di comunità può essere raggiunta anche in modo spontaneo, ma il prezzo, in sofferenza e morte, è altissimo. Si tratta, dunque, di un’ipotesi impraticabile nel caso di Covid-19. SARS-CoV-2, infatti, è un virus ‘nuovo’, scoperto da appena un anno, molto contagioso e che, per quanto nei mesi passati sia stato ampiamente studiato, presenta ancora diverse incognite. Per raggiungere l’immunità di comunità senza vaccinazione, dunque, dovrebbe essere esposta al virus una fetta molto ampia di popolazione, eventualità che implicherebbe un rialzo notevole della mortalità e un sovraccarico delle terapie intensive che potrebbe condurre a una saturazione del sistema sanitario. A farne le spese, sarebbero le fasce più deboli della popolazione, ad esempio le persone con altre patologie importanti, come i tumori e le malattie cardiovascolari. L’efficacia dei vaccini che abbiamo oggi a disposizione è indubbia, ma le incognite che ancora presenta il virus SARS-CoV-2 richiedono di non abbassare la guardia. Se, da un lato, saranno necessarie ulteriori risorse per continuare la ricerca e consentire una campagna vaccinale veloce ed efficace, dall’altro ai singoli cittadini è richiesta ancora la massima attenzione nei comportamenti individuali, per contribuire, ancora una volta, con buone pratiche quotidiane e sanitarie, a frenare l’avanzata del virus”.
Quando raggiungeremo l’immunità di comunità?
“L’immunità di comunità è il risultato più atteso per i prossimi mesi e per il cui raggiungimento, però, ci vorrà ancora diverso tempo. Le quantità di vaccini a disposizione, infatti, sono ancora piuttosto ridotte e i numeri per poter parlare di immunità di comunità sono, per contro, molto alti. Si stima, infatti, che per raggiungerla debba essere vaccinato il 65-70% della popolazione italiana. Nel caso dell’infezione da SARS-CoV-2, la stima andrà verificata sul campo: quanto il vaccino protegge dall’infezione? Quanto contro la malattia? Quanto contro la disseminazione? Teniamo presente che, semplificando, SARS-CoV-2 è un virus che ha una capacità di trasmissione della malattia di circa 10 volte inferiore al virus del morbillo, per il quale l’immunità di comunità viene raggiunta con il 95% delle persone vaccinate. Il raggiungimento dell’immunità di comunità consentirebbe una sempre minor circolazione del virus; tuttavia è importante sottolineare che una buona percentuale di vaccinati permette di ridurre il valore dell’indice RT, l’indicatore del numero di persone che vengono contagiate in media da una sola persona infetta in un determinato arco di tempo”. (Humanitas.it)