L’adolescenza è, essenzialmente, l’età evolutiva in cui avvengono i grandi cambiamenti. L’adolescente non è più un bambino, ma non è ancora un adulto. Questi ragazzini vengono catapultati, improvvisamente, in una nuova dimensione attraverso un viaggio di esplorazione affascinante quanto devastante. Questo duplice movimento, il rinnegamento dell’infanzia da una parte e la ricerca di uno status adulto dall’altra, costituisce l’essenza stessa della crisi del processo psichico che ogni adolescente attraversa. Da un’assoluta onnipotenza in cui vive il bambino a una ricerca di identificazione e, quindi, di separazione dai genitori. Continuità e discontinuità prevalgono in questo periodo, sottolineando così la dimensione dinamica e transeunte dell’adolescenza. Il desiderio di staccarsi dal modello genitoriale, che, fino ad allora, ha rappresentato una linea guida nel mondo, induce l’adolescente ad aderire a modelli extrafamiliari, nuovi e alternativi che risultano essere più accattivanti. Pertanto, il giovane rinuncia all’attaccamento dei genitori, creando un conflitto e confrontando gli ideali familiari con quelli trasmessi dalla società. I genitori prima erano ‘quelli che sapevano tutto’, adesso sono ‘quelli che pensano di sapere’. Gli adolescenti vivono intensamente e, talvolta, tragicamente il loro bisogno di riconoscimento sentendo, fortemente, di esprimere il loro potenziale affettivo, talora tumultuoso.
La situazione ambivalente del loro mondo psicologico li spinge violentemente a rinchiudersi nella loro solitudine sognante, ma al tempo stesso la stessa li sprona a lanciarsi con entusiasmo travolgente verso un’esperienza, quella di donarsi agli altri come raggiungimento di un’ideale sociale. È un’età contraddistinta da modificazioni di tipo fisiologico, psicologico, sociale e cognitivo. L’adolescente assiste al cambiamento del proprio corpo, un corpo che non sembra più appartenere a se stessi. Cambia la forma, i confini tra sé e l’altro, il corpo diviene il mezzo per porsi nei confronti del prossimo, ma non è più quello di prima e questa nuova forma favorisce nelle ragazzine l’emersione di un’idea di un corpo deformato quanto, a volte, ingombrante. In questo periodo, gli adolescenti si avvicinano ai propri coetanei di sesso opposto in maniera diversa. L’apertura di sé all’altro diventa emotivamente intensa, contrassegnata dall’oscillazione tra l’idealizzazione e l’erotizzazione dell’oggetto del desiderio. Nella ricerca esasperata di una propria identità, l’adolescente aderisce spesso a stili di comportamento o a filosofie di vita.
Il fenomeno attuale degli Emo ne è una tendenza esemplificativa. Emo sta per emozione e nasce, essenzialmente, come una moda in ragazzini tra i 14 e i 19 anni, ma non è solo un modo di vestire o portare il ciuffo dei capelli stirato di sbieco o indossare jeans aderentissimi, il tutto condito da accessori borchiati, vuole essere anche un modo di pensare e di agire che, a volte, crea sgomento, soprattutto per quei genitori che osservano impotenti dall’esterno e non riescono a capire da dove nasca tutta questa tristezza e disperazione. Gli Emo esprimono liberamente ciò che provano anche se questo può significare piangere davanti agli amici o baciare persone dello stesso sesso, autolesionarsi procurandosi dei tagli sulle braccia o sulle gambe. Questo fenomeno è l’espressione di un disagio insostenibile ed è una modalità che tende a diffondersi molto rapidamente. Per molti ragazzini, lo stile Emo potrebbe, quindi, rappresentare una deriva insidiosa e deleteria.
di Barbara Cortimiglia