Come si cura l’Osteoporosi

L’Osteoporosi è una malattia che colpisce, in Italia, una donna su tre e un uomo su otto, oltre i cinquant’anni, per un totale di circa sei milioni di persone. È cronica e si caratterizza per un’alterazione della struttura ossea che comporta un aumentato rischio di fratture. Ne parla il professor Gherardo Mazziotti, responsabile della Sezione di Ricerca, Diagnosi e Cura delle Malattie Osteo-Metaboliche di Humanitas e docente di Humanitas University.

I sintomi e la diagnosi di osteoporosi
La prima manifestazione clinica dell’osteoporosi è rappresentata dalle fratture ossee dette da fragilità, che possono occorrere anche in assenza di eventi traumatici. Questo succede perché l’osteoporosi è una patologia che riduce la resistenza dello scheletro. Il fatto che l’osteoporosi non si manifesti con altri sintomi la rende una malattia di difficile identificazione. Le fratture da fragilità possono interessare tutto lo scheletro: le ossa più a rischio, però, sono quelle della colonna vertebrale, il polso e il femore prossimale. Le fratture rappresentano non solo un evento clinico, ma anche prognostico; quando una frattura da fragilità interessa un sito scheletrico, aumentano le probabilità che se ne verifichi un’altra nella stessa zona anche in tempi piuttosto brevi. La densitometria ossea, a cui si fa riferimento anche con le sigle DEXA o MOC, è il primo passo per diagnosticare l’osteoporosi. Questo esame ha il compito di valutare la densità minerale ossea. La densità ossea non è, però, il solo fattore da tenere in considerazione per la diagnosi di osteoporosi. Esistono fattori di rischio indipendenti dalla densità minerale ossea che contribuiscono a favorire la comparsa di fratture. Un passo importante nell’approccio al paziente con fragilità scheletrica è la diagnosi delle fratture vertebrali mediante un semplice esame radiografico della colonna vertebrale. Tale esame, integrato con la misurazione delle altezze dei corpi vertebrali (la cosiddetta ‘morfometria vertebrale’), consente di identificare precocemente le fratture vertebrali che in oltre il 50% dei casi sono asintomatiche, ma che possono predisporre la comparsa di ulteriori fratture. Esistono, poi, le osteoporosi secondarie, condizioni nelle quali la fragilità scheletrica è causata da malattie croniche extra-scheletriche (quali malattie endocrine, reumatologiche, gastro-intestinali, ematologiche) o terapie con farmaci osteopenizzanti (ad esempio glucocorticoidi, terapie ormonali per il trattamento di alcuni tumori) che è necessario intercettare nelle prime fasi del work-up diagnostico dell’osteoporosi attraverso un’attenta anamnesi e semplici esami di laboratorio.

Prevenzione e cura dell’osteoporosi
Alla base della prevenzione dell’osteoporosi c’è l’assunzione di alimenti a elevato contenuto di calcio, cioè principalmente frutta secca e latte e i suoi derivati. Se è molto importante assumere con regolarità alimenti ricchi di calcio, non è, tuttavia, abbastanza: per poter essere utilizzato dall’organismo, infatti, è indispensabile che questo elemento venga assorbito in modo efficace. A garantire l’assorbimento a livello intestinale è la vitamina D, il cui fabbisogno giornaliero deriva, prevalentemente, dalla sintesi cutanea del precursore colecalciferolo sotto lo stimolo dei raggi solari. Importante è anche l’esercizio fisico. Un muscolo ben allenato trasmette segnali biochimici e meccanici favorevoli all’osso che risponde migliorando la propria struttura e limitando la perdita di calcio. Dato che l’abuso di alcol e tabacco rappresentano fattori di rischio, un altro dei metodi di prevenzione è ridurne drasticamente il consumo. Lo stile di vita e la dieta, tuttavia, non sono sufficienti a ridurre da sole a prevenire le fratture quando l’osteoporosi si è instaurata e quando il profilo di rischio fratturativo è elevato. In questi casi, è necessario utilizzare farmaci specifici in grado di correggere l’alterato rimodellamento scheletrico che è alla base della malattia. In genere, il primo passo terapeutico consiste nell’utilizzare farmaci in grado di contenere l’attività degli osteoclasti, cellule che in condizioni fisiologiche sono deputate al riassorbimento osseo e, quindi, a eliminare l’osso vecchio danneggiato, ma che nell’osteoporosi risultano essere iperattive e tali da indurre una significativa perdita di massa ossea. Tuttavia, quando l’osteoporosi è severa o quando i farmaci anti-riassorbitivi non sono efficaci, si ricorre alla cosiddetta ‘terapia anabolica’ in grado cioè di stimolare la neoformazione ossea attraverso l’azione degli osteoblasti.

Non interrompere la terapia è fondamentale
Scegliere il farmaco specifico per il trattamento dell’osteoporosi è un processo che deve tenere in considerazione non solo il profilo di rischio del paziente, ma anche il profilo di tollerabilità. Tra i principali problemi dell’osteoporosi c’è l’aderenza del paziente alla terapia. Come in tutte le terapie croniche, alcuni pazienti affetti da osteoporosi sono portati a sospendere la cura o a non assumerla regolarmente. Una delle cause di sospensione o non aderenza al trattamento è rappresentata dal timore di effetti collaterali che, tuttavia, sono di gran lunga inferiori ai benefici terapeutici, soprattutto quando la scelta del farmaco è ragionata e condivisa con il paziente. Tra le cause di non aderenza al trattamento, vi è anche la difficoltà del paziente a un contatto regolare e costante con il Centro di riferimento. Il nostro sforzo, come ‘Bone Specialist’, deve essere finalizzato non solo a intercettare un maggior numero di pazienti con fragilità scheletrica attraverso campagne di informazione e stesura di percorsi diagnostico-terapeutici multidisciplinari e condivisi, ma anche a definire strategie di terapia e follow-up che possano favorire un approccio olistico del prendersi cura del paziente affetto da osteoporosi. (Humanitas.it)