Nel 65% dei casi, il carcinoma è già in fase avanzata per difficoltà nella diagnosi precoce e sintomi aspecifici. La determinazione dei geni consente terapie mirate ed efficaci. Ogni anno, 530 siciliane con tumore ovarico, in Italia sono 5.300 e rappresentano il 30% delle diagnosi di carcinomi ginecologici, e la quarta causa di morte per neoplasia nelle donne: non esistono screening validati particolarmente efficaci come per altre patologie e, a causa dei sintomi troppo aspecifici, in circa il 65-70% dei casi il cancro è già in fase avanzata. I massimi esperti a livello regionale e nazionale hanno fatto il punto su risultati e prospettive all’Hotel Federico II di Enna, a un anno di distanza dalla nascita del PDTA, il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale voluto dalla Regione Siciliana per garantire un’alta qualità di cure e, soprattutto, la multidisciplinarietà nell’approccio, oggi considerata essenziale per salvare la vita e aumentarne la qualità. Il PDTA è tra i primi in Italia ad avere avuto anche decreti attuativi che lo hanno reso operativo. “Purtroppo, nella maggior parte delle volte, ci troviamo a intervenire quando il problema è già diffuso perché coinvolge peritoneo e linfonodi dell’addome – spiega Paolo Scollo, direttore di Ginecologia e Ostetricia dell’AO Cannizzaro di Catania e responsabile PDTA carcinoma ovarico della ReOS (Rete Oncologica Siciliana) –, se non addirittura al di fuori della zona pelvica, quindi fegato, pleura e altri organi distanti. La diagnosi precoce resta la principale difficoltà: nel 42% si scopre la malattia in modo casuale, nel 26% grazie a controlli di routine e nel 16% per altri motivi. Alcuni sintomi come gonfiore addominale (58%), disturbi in sede pelvica (39%) e perdita di peso (34%) sono tipici di altre patologie, quindi non rivelano un allarme specifico”.
La Sicilia conta alcuni centri specialistici (hub) e centri erogatori di trattamenti (spoke) ad essi collegati che sono in grado di assicurare diagnosi tempestive e corrette e un adeguato programma terapeutico di precisione. Grazie ai progressi della ricerca scientifica, la percentuale delle donne malate potenzialmente guaribili è in netto aumento, soprattutto se la paziente ha la possibilità di fare il test di profilazione genomica, la chiave di volta più importante per ottenere una terapia mirata ed efficace, che si attua nei lavoratori qualificati e accreditati. “La determinazione genomica non è solo l’individuazione della mutazione BRCA1/2 – sottolinea Vincenzo Adamo, professore di Oncologia Medica e coordinatore della Re.O.S. –, ma va effettuata per evidenziare nel suo complesso un Deficit della Ricombinazione Omologa (HRD), presente nei tumori di tutte le pazienti con mutazioni BRCA1/2 e di un altro 25% senza mutazioni di questi geni. Dunque, la metà dei casi potrà realmente beneficiare di un trattamento mirato con importanti nuovi agenti, gli inibitori di parp, che stanno cambiando indiscutibilmente la vecchia chemioterapia convenzionale”.
L’appuntamento di Enna, dal titolo ‘Il carcinoma dell’ovaio… correlazione tra classificazione morfologica, definizione biomolecolare e terapie innovative in un moderno PDTA’, è stato promosso dalla neonata FSO Fondazione Siciliana per l’Oncologia e dalla Re.O.S., con responsabili scientifici i professori Adamo e Scollo: sono stati discussi casi clinici espressione di un GOM (Gruppi Oncologici Multidisciplinari), così come avviene nella pratica clinica, finalizzato a un algoritmo decisionale delle varie fasi. Hanno preso parte numerosi oncologi, chirurghi ginecologi, patologi, radio-oncologi e genetisti, le figure chiave del PDTA e all’inizio il saluto del presidente dell’Ordine dei Medici di Enna, Renato Mancuso. Infine, una tavola rotonda gestita dalle rappresentanti di tre associazioni di pazienti, aBRCAdabra, Loto e ACTO, finalizzata a evidenziare problematiche e necessità per una corretta e moderna applicazione del percorso ospedale-territorio. “I bisogni sono ancora tanti – afferma Annamaria Motta di ACTO Sicilia –, ad esempio garantire un approccio iniziale nei centri specializzati, informare e formare i medici di medicina generale al fine di individuare i sintomi, spesso confuso con altri disturbi o patologie, e stabilizzare la figura dello psiconcologo, indispensabile nell’accompagnare chi si ammala nel percorso di cura”.