Qualche anno fa ho ricordato che Angelo Raffa, tanto per cambiare un messinese che vive fuori Messina, aveva scritto “Che gran città doveva essere quella che nel suo porto aveva accolto, nel 1571, la flotta della Lega cristiana, (bella la rievocazione che ne fa ogni anno Enzo Caruso ), che era abitata da una popolazione cosmopolita (fiorentini, genovesi, ebrei, amalfitani, alemanni, spagnoli, schiavi agareni…), che ospitava ingegni quali Francesco Maurolico, e il cui ambiente culturale avrebbe dato vita all’opera scientifica di Giovanni Alfonso Borrelli, Bartolomeo Castelli, Pietro Castelli, ch’era sede d’Accademie e di una Università già celebre per gli studi giuridici, nei quali sarebbe emerso Mario Giurba, che aveva un arcivescovo, un archimandrita e un gran priore del Gerosolimitano Ordine di Malta, che vantava grandi Arsenali, un Palazzo Reale, una Zecca, belle strade, chiese, opere d’arte di Antonello, Polidoro da Caravaggio, Montorsoli”.
Amare una tale città ed esserne orgogliosi non era certo difficile! Oggi, purtroppo, non è più così. Ma, nonostante tutto, continuo ad amarla questa mia Città, anche se sempre meno ai cittadini è data la possibilità di esserne orgogliosi, continuo ad amarla nonostante tutti coloro che quotidianamente si sentono impegnati a renderne inarrestabile il lento declino. La speranza o, comunque, l’augurio è che Messina non diventi αβατον, con tutti i significati che i greci davano a questa parola, soprattutto quello di luogo da rifuggire.
Pippo Pracanica, vecchio, vecchissimo messinese