Le mafie non vanno in quarantena

Occorre fare piena luce sui fatti legati al funerale di Rosario Sparacio, fratello di Luigi. Si accertino i fatti e, a partire dalla ricostruzione della vicenda, si individuino le responsabilità penali e/o amministrative che possano averla determinata. Tali fatti offrono, comunque, all’intera comunità messinese – e non soltanto alle organizzazioni impegnate nel contrasto alle mafie – l’occasione per avviare una riflessione su presenza e stereotipi legati al ‘controllo’ del territorio. Appare evidente, per i riscontri che arrivano da più parti nel nostro Paese, specie dove le mafie sono fortemente radicate, che le emergenze sanitaria e socio-economica non frenano le organizzazioni criminali. Il crescente disagio sociale offre spazi di azione e di rafforzamento del consenso a cui la criminalità organizzata non intende assolutamente rinunciare, specie nel Mezzogiorno e in Sicilia. La gravità di quanto accaduto a Messina travalica il fatto in sé e deve determinare un innalzamento delle soglie di attenzione e di percezione della complessità della presenza criminale e mafiosa che devono interpellare, ciascuno per i propri compiti e funzioni, la politica e l’amministrazione, le forze dell’ordine e la magistratura, i sindacati e le organizzazioni datoriali e, insieme, tutto il mondo del volontariato e del terzo settore. Non vogliamo approfondire, in questa sede, stereotipi e modalità attraverso i quali le azioni di ‘prossimità’ delle mafie favoriscono la crescita del consenso sociale di intere comunità, ma appare evidente che le immense disponibilità economiche dei clan offrono loro la possibilità di mettere in campo quello che molti definiscono ‘welfare criminale’. Anche sull’uso dei termini, come ricordato nei giorni scorsi da Enza Rando, vicepresidente di Libera, occorre fare attenzione e riflettere. “Non chiamiamolo welfare – dichiara la Rando –, non crea benessere”.

Occorre vigilare in primo luogo perché, ad esempio, partendo da una semplice borsa della spesa, il fenomeno dell’usura su individui, famiglie, piccole realtà commerciali, può, ulteriormente, svilupparsi o radicarsi, determinando un assoggettamento diretto alle mafie di intere porzioni del nostro territorio. Alle persone e alle imprese, serve liquidità e le organizzazioni criminali possono certamente concederla, strozzando, però, pezzi importanti della comunità. Per questi motivi, occorre tenere accessi i riflettori che in tanti hanno puntato sulla vicenda del funerale di Rosario Sparacio: per comprendere come mafie e organizzazioni criminali si sono già riadattate al contesto sociale rapidamente modificato dal Coronavirus. Tutte le componenti della società messinese devono fare la propria parte senza ambiguità o margini di compromissione. In questa logica, ribadiamo con forza la necessità di attivare tutti gli strumenti previsti e, in massima parte, inattuati, del ‘Regolamento Comunale sulle Politiche Antimafia’, approvato con una Delibera del Consiglio Comunale oltre due anni e mezzo fa, nel novembre del 2017. Uno su tutti, l’Osservatorio Comunale, quell’organo che attraverso la partecipazione dell’Amministrazione attiva, del Consiglio Comunale e delle associazioni, offrirebbe la possibilità di immaginare misure e interventi, dopo un’attenta lettura del fenomeno. Di fronte alle azioni e alle rappresentazioni di mafie e criminalità, bisogna, senza infingimenti o timidezze, contrapporre interventi di prevenzione e iniziative che affrontino le diseguaglianze sociali in una grande alleanza tra amministrazioni locali e organizzazioni sociali.