Nell’Aula Consiliare di Palazzo Zanca, si è riunita la VII Commissione Consiliare, presieduta dal consigliere Placido Bramanti, per trattare il tema della Sindrome di Down attraverso un confronto con la realtà messinese alla presenza del presidente dell’Associazione Meter & Miles, Saro Visicaro, e del presidente provinciale AIPD (Associazione Italiana Persone Down), Roberto Caizzone. “La sindrome di Down – dichiara il presidente Bramanti – si manifesta in ogni parte del mondo e non mostra incidenza differente tra i vari ceti sociali, i diversi livelli economici, interessando entrambi i sessi e tutti i gruppi razziali. Secondo i dati forniti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nel mondo nasce un bambino affetto da Sindrome di Down ogni 1.000-1.100 nuovi nati; si stima che, ogni anno, i nuovi casi siano tra i 3 e i 5 mila. Attualmente, in Italia, 1 bambino su 1.200 nasce con questa sindrome; dato, però, in diminuzione, poiché la maggior parte delle gravidanze trisomiche per il cromosoma 21 vanno incontro a interruzione spontanea, generalmente, nel primo trimestre. Grazie allo sviluppo della medicina e alle maggiori cure dedicate a queste persone, negli ultimi decenni, l’aspettativa di vita dei pazienti affetti da Sindrome di Down è molto aumentata: se negli anni ’40, l’aspettativa era di appena 12 anni e negli anni ‘80 di 33 anni, oggi, in Italia e nei Paesi dell’UE, si è raggiunta un’aspettativa di vita media di 62 anni, destinata ulteriormente a crescere in futuro. Si stima che, oggi, vivano in Italia circa 38.000 persone con Sindrome di Down, il 61% delle quali ha più di 25 anni. Il picco massimo di nati affetti da Trisomia 21 si riscontra nelle nascite da madri di età più elevata.
Ad oggi, è possibile effettuare diagnosi prenatale per questa patologia. Uno dei test consigliati dai ginecologi, tra la sesta e la decima settimana di gestazione, è quello atto ad identificare due marcatori biologici, PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza) e β-hCG, su un campione di sangue materno. Generalmente, questo esame è effettuato in combinazione con un’ecografia ai fini di valutare la translucenza nucale. Sono disponibili test prenatali non invasivi volti a esaminare il genoma fetale che, però, in caso di positività, necessiterebbero di una conferma della diagnosi da effettuare mediante procedure invasive. Tra queste: l’Amniocentesi, da effettuare tra 16° e 18° settimana gestazionale, prelevando un campione di liquido amniotico, e la Villocentesi, effettuabile tra 11° e 14° settimana di gestazione mediante biopsia di un campione di villi coriali. Durante la seduta – prosegue Bramanti –, sono emersi alcuni importanti dati anche per quel che concerne la realtà siciliana. Nel 2011, infatti, è stato approvato il decreto dell’Assessorato Regionale alla Salute che ha istituito i Centri di riferimento per le Malattie rare. Nei primi 4 anni, sono stati segnalati 8.411 casi di cui 675 con Sindrome di Down ovvero con un’anomalia cromosomica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma 21 – completo o di parte di esso – in sovrannumero.
Al di là dell’aspetto fenotipico, vi sono una serie di patologie o manifestazioni cliniche che possono instaurarsi a seguito della presenza del cromosoma in più. Esse possono riguardare più o meno tutti gli organi e apparati, ma con entità e gravità che differiscono da soggetto a soggetto. Disfunzioni tiroidee, malattie gastrointestinali, cardiopatie congenite, disturbi visivi e uditivi, infertilità, affezioni neurologiche con difficoltà neuro-psico-motorie e ritardo intellettivo sono le patologie che, spesso, fungono da cornice alla Sindrome di Down e che devono essere monitorate nel tempo, curate quando possibile, e che danno una stima della sopravvivenza. Le persone con Sindrome di Down, infatti, in aggiunta ai comuni controlli clinici, necessitano di controlli finalizzati alla prevenzione o alla diagnosi precoce di patologie, che, nella Sindrome di Down, si possono presentare con una frequenza superiore alla norma e che, se trascurate, possono limitare le potenzialità evolutive del bambino, o far regredire le capacità dell’adulto. Certamente, anche il ritardo mentale, insieme alle importanti disfunzioni di organi con conseguente compromissione di apparati, è uno dei fattori maggiormente invalidanti e che coinvolge non soltanto il soggetto in prima persona, ma anche il suo nucleo familiare, intaccando la sua vita sociale ed affettiva”.