“Padre sei impegnato! Lavori senza sosta!”. Questo era il suo commento quando abbiamo finito il santo rosario nel reparto dei bambini e adolescenti nell’Oncologico. Sì! Nell’ospedale c’è da fare! Basta pensare che, tra il giovedì e il lunedì mattina, il Signore mi dà la grandissima grazia di celebrare ben dieci messe, quatto nella cappella del Centro Oncologico e le altre sei in tutti i reparti dell’ospedale, inclusa anche quella nel reparto diurno. Poi, ci sono le visite, il giro e il santo rosario ogni giorno. Ma perché tanto lavoro? E perché tantissime conversazioni e, soprattutto, perché tante preghiere? Perché il popolo di Dio ha sete! Ha sete per l’acqua vera! Ha sete per l’acqua pura! Ha sete per Colui che ci ha detto nel suo santissimo Vangelo: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna” (Giov 4:14). Ma cos’è quest’acqua che ci disseta? L’acqua nel Vangelo di Giovanni è il simbolo dello Spirito Santo. È soltanto Lui che ‘trasforma il vecchio in nuovo’. A cominciare dal battesimo, poi con le nozze di Cana, e al pozzo di Sichar dove la Samaritana viene invasa dallo spirito di vita “che parla al cuore degli uomini” e svela la verità, fino alla croce dove Gesù, morendo, oltraggiato anche come cadavere, continua ad effluire da lui i segni indispensabili della vita, l’acqua e lo spirito. Anche dalla Croce, dal costato di Gesù, escono “sangue e acqua” (Giov 19,34). È soltanto lo Spirito Santo, lo “Spirito di Gesù” (At 16,7; Fili 1,19) che mi conduce al suo popolo sofferente a servirlo.
Le parole forti di papa Francesco nella lettera rivolta a noi sacerdoti, in occasione del 160° Anniversario della morte del Santo Curato d’ARS, mi danno tantissimo coraggio in questo impegnarsi senza sosta per il regno con il gregge del Signore nel Centro Oncologico Sir Anthony Mamo: “Aumentate e nutrite il vincolo con il vostro popolo. Non isolatevi dalla vostra gente e dai presbiteri o dalle comunità. Ancora meno non rinchiudetevi in gruppi chiusi ed elitari. Questo, alla fine, soffoca e avvelena lo spirito. Un ministro coraggioso è un ministro sempre in uscita; ed ‘essere in uscita’ ci porta a camminare ‘a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro’: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro, per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha ‘fiuto’! Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, ha il ‘sensus fidei’ [cfr Lumen Gentium 12]. Che cosa c’è di più bello?”.“Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci introduce nel cuore del popolo. Quanto bene ci fa vedere vicino a tutti! Il donarsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile evangelizzatore che ha contrassegnato tutta la sua esistenza”. Personalmente parlando, impegnarsi senza sosta come cappellano nel Centro Oncologico Sir Anthony Mamo significa aumentare e nutrire il vincolo con il mio popolo sofferente da quella maledetta malattia. Impegnarsi pastoralmente significa ‘sono sempre in uscita’, ‘essere in uscita’, camminando per tutti i reparti dell’ospedale per trovare nuove vie e dare il Cristo Misericordioso alla gente con un aumento di generosità. Impegnarsi significa essere vicino al cuore del popolo fino alla fine. Ora, capisco perfettamente perché san Leopoldo Mandic, il santo cappuccino protettore dei malati di cancro, diceva chiaramente e senza esitazione a noi sacerdoti: “Un sacerdote deve morire per il duro lavoro apostolico; non c’è altra morte degna di un sacerdote”. Carissimo san Leopoldo, quanto hai ragione!
di Fra Mario Attard