L’Icona della Discesa di Cristo agli inferi del Cenacolo di Medjugorje

Nella Cappella della Comunità ‘Cenacolo’ a Medjugorje c’è un’icona enorme chiamata La discesa di Cristo agli inferi. Questa icona è un’interpretazione di un tema tradizionale nell’iconografia cristiana ortodossa: il Signore risorto scende negli inferi per portare la nuova vita a coloro che sono morti. Nell’icona, le porte dell’Inferno sono state rotte e lacerate. Il potere della morte è stato distrutto dalla vivificante passione, morte e risurrezione di Gesù. Questo formidabile evento è magnificamente descritto nell’Antica omelia sul santo e grande Sabato quando dice: “Oggi ,sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloro che da secoli dormivano. […] Egli va a cercare il primo padre, come la pecora smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva, che si trovano in prigione. […] Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio. […] Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la Vita dei morti. Infatti, nell’icona, Gesù sta raggiungendo Adamo ed Eva e li sta tirando fuori dalla tomba. La sua grazia vivificante è offerta a tutta l’umanità, anche agli inizi dell’umanità.

Guardando a sinistra, vediamo tre personaggi: i re ebrei Davide e Salomone, e il più vicino a Lui, Elia, che era anche visto come un prototipo di Giovanni il Battista. Guardando a destra, le figure variano da icona all’altra, ma di solito rappresentano i ‘giusti’ che hanno servito Dio nel tempo prima di Cristo: a volte Mosè e Abele, o i tre giovani che hanno testimoniato a Dio nel libro di Daniele. Nelle icone tradizionali, ci sono tre figure, ma qui, nell’icona del Cenacolo, ci sono quattro figure. Perché tutto questo? L’icona del Cenacolo è stata dipinta da tre giovani della Comunità. Nessuno di loro aveva una formazione artistica. Il loro lavoro era uno di dovere, devozione e amore. Il processo per la creazione dell’icona dal loro pochissimo talento artistico che avevano a disposizione già rispecchiava la loro lotta per superare i legami di dipendenza e abbandono che li avevano privati di tante cose bellissime della loro vita. Dal poco che sentivano di avere quando sono entrati al Cenacolo, hanno iniziato a creare un’opera d’arte enorme e stimolante: una vera e propria celebrazione della Resurrezione. Questo di per sé è diventato un simbolo della loro risurrezione. Un giovane membro della comunità di nome Paul, che aveva lottato con la dipendenza alla droga e alcol dall’età di 14 anni, ha spiegato che i membri della comunità si sono identificati fortemente con Adamo ed Eva. Nell’icona sono accovacciati e vecchi. Il motivo è decisamente chiaro: perché, ha spiegato Paul, “la droga ci ha fatto sentire vecchi. La droga ci ha derubato la nostra vita”. Ma Gesù raggiunge quel luogo di disperazione e li tira liberi nella sua luce. Gesù stesso ci ha detto: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giov 8,12).


Paolo ha spiegato il mistero della quarta figura nell’icona, senza barba e in piedi, che è più vicina a Gesù.Questa figura” ha detto Paolo “è Nicola, il giovane amato dalla Comunità Cenacolo, morto per una malattia legata all’AIDS”. Paolo diceva che la vita e la morte di Nicola nella Comunità erano state una tale testimonianza di pazienza, servizio e amore che i suoi confratelli lo consideravano uno dei ‘giusti’, un profeta o un ‘santo’. Ecco perchè volevano che fosse ricordato nell’icona. Essi volevano che egli vegliasse anche sulla Comunità. Essi volevano condividere con Gesù la speranza e la gioia della sua risurrezione. Non è questo un grandissimo frutto di Medjugorje, cioè quando una persona rinnovata grazie al suo profondo ed intenso rapporto con Dio? Questa icona splendidamente risuona quelle immortali parole tratte da sant’Ireneo, nella sua opera Contro le eresie, quando scrive: “Il Signore rimase tre giorni nel luogo in cui soggiornavano i morti, secondo quanto ha detto di Lui il profeta: il Signore si è ricordato dei suoi santi morti i quali si addormentarono prima nella terra di sepoltura e discese presso di loro per liberarli e per salvarli” (Contro le eresie, V,31,1).

di Fra Mario Attard