È sempre difficile, e la storia lo insegna, essere profeti in patria. Le ragioni sono molteplici, spesso, non nobili. Non si può, facilmente, riconoscere a qualcuno che ci vive accanto, qualità che non possediamo. Non si può riconoscere che la capacità, la volontà, il sacrificio, le idee, la passione, il desiderio del bene comune, la solidarietà, siano autentici.Ci deve essere dell’altro, del marcio. L’ombra che l’altro getterebbe su di noi sarebbe insopportabile. Meglio, allora, osannare chi giunge da lontano, o chi da lontano ritorna, anche, se vi sono delle eccezioni, che confermano la regola: il grande Ulisse, tornato in Patria, non venne, subito, riconosciuto come l’eroe vincitore della guerra di Troia e rischiò la morte, perché altri vili ed inetti, i Proci, volevano prenderne il posto. Poi, vi sono quei pochi che vengono riconosciuti nel loro valore post mortem. Altri nemmeno.
A tal proposito, mi preme ricordare, alla memoria dei messinesi, un tal Lorenzo Mandalari, che, per molti anni, è stato identificato non come “la persona”, ma come “il luogo”, il “manicomio”, dove mandare chi si pensava avesse bisogno di non troppe amorevoli cure. Lorenzo Mandalari è ancora adesso, per i più, solo un luogo, anzi una sede, quella della Cittadella sanitaria dell’Azienda Sanitaria Provinciale, di Messina, ove la statua silenziosa che lo rappresenta, osserva i tanti cittadini che, fruiscono dei vari servizi.
Ma chi era, veramente, Lorenzo Mandalari? Forse, lo descrivono meglio le parole da lui stesso formulate nella prelazione al corso libero di Patologia mentale, dettato nella Regia Università di Messina, nel 1899, quando nel donare alla città i terreni, per la costruzione di un asilo per quegli infelici che ruppero nella pazzia, così, si esprimeva: “Alla soluzione di tanto solenne problema sono ben lieto, o signori, vada unito al mio povero nome in questa nobile Provincia, la quale non può tollerare, più a lungo, la insufficiente assistenza di tanti infelici, oggetto di vergogna e disonore, e cagione continua di pericolo e di degradazione in una società sana. E non meno tristi diventano le conseguenze di tale lacuna, eziandio, dal punto di vista, strettamente, medico; per la mancanza d’un Asilo speciale, che con amorevole sollecitudine li raccolga, i poveri malati di mente, solo dopo che diventano intollerabili. Non dubito che tutte le provincie della Sicilia laveranno l’onta della insufficiente assistenza dei mentecatti, e che anco Messina avrà la sua Casa di Salute per pazzi.. ed io ne gioisco per la Patria, ne gioisco per voi, o giovani carissimi, che troverete in un Asilo, di tal genere, una palestra per i vostri studi clinici”.
Ha gioito troppo il buon Mandalari! Si era dimenticato che “nemo è profeta in Patria”, e che la riconoscenza ed il ricordo di tanta generosità avrebbe lasciato il posto alla dimenticanza.Noi crediamo, invece, che si possa e si debba essere profeti in patria, e mi riferisco ai tanti giovani: competenti, generosi, determinati, autentici e ai tanti Ulisse che devono poter credere di potersi spendere per la loro città e per il loro futuro.