C’era una volta il manicomio… e adesso?. Con questo punto di domanda ha avuto inizio, lunedì 26 marzo, a 20 anni dalla chiusura dell’O.P. “Lorenzo Mandalari” di Messina, un convegno presso la Cittadella Sanitaria che porta il nome dello psichiatra fondatore del manicomio di Messina, organizzato dal Centro diurno “Camelot” del “Modulo dipartimentale Salute Mentale Messina nord” dell’Asp 5. A presentare l’evento formativo, il dott. Matteo Allone, psicanalista junghiano, responsabile dell’U.O.S. Centro diurno “Camelot”, che ha anche moderato gli interventi delle personalità del mondo sanitario, politico e sociale presenti. Gremito il “Salone dei Cavalieri” anche da tanti operatori, infermieri e persone interessate al tema.
Il Manicomio di Messina, uno dei più grandi della Sicilia, fu costruito alla fine del secolo XIX. La sua attività è cessata il 26 marzo 1998, creando una serie di difficoltà intervenute per il “trasloco” degli assistiti, definito da un operatore: “un massacro”, e di quanti si prendevano cura di loro non avendo ancora perfezionato un piano di intervento idoneo a rendere innocuo il passaggio da quella struttura ad altre realtà in fase di adeguamento. L’incontro ha avuto inizio con i saluti del dott. Matteo Allone e, successivamente, con la proiezione di un “ documentario” amatoriale che, girato dall’ assistente sociale Nino Currò, l’ultimo giorno di vita del manicomio, ha messo in evidenza l’atmosfera che regnava tra gli ammalati, visibilmente disorientati, non avendo cognizione di quanto stesse succedendo, e tra alcuni operatori che, interpellati, non hanno saputo rendere una testimonianza su un evento che avrebbe avuto, di certo, ripercussioni anche sul loro futuro. Un piacere rivedere nel filmato il dott. Camillo Martelli, ultimo direttore responsabile del servizio di assistenza psichiatrica ospedaliera. Attività cessata, come già evidenziato, il 26 aprile 1998, con il trasferimento di 20 unità a Terme Vigliatore e in altri siti della Sicilia.
Numerosi gli intervenuti chiamati dal dott. Allone a rendere la loro testimonianza su un argomento sensibile di così vasto interesse. Hanno preso la parola i dottori Luigi Baldari, micropsicanalista, responsabile dell’U.O.S., Psicoterapia – Studi e Ricerche dell’ASP 5, Biagio Gennaro, coordinatore del Dipartimento Principale, Peppino Spadaro, Nino Ciraolo, direttore del Dipartimento Salute Mentale, Candido Armellini, già primario di uno dei reparti, Pippo Rao direttore del Modulo Dipartimentale di Messina Nord, Giuseppe Campione, già presidente della Provincia, Giuseppe Pracanica di “Cittadinanza Attiva”.Durante gli interventi, sono stati evidenziati diversi aspetti connessi al degrado della vecchia struttura manicomiale e a quelli scaturiti dal cambiamento, dal caos che è nato durante i sei mesi di tempo utili per il trasferimento, dalla difficoltà di prendere coscienza di quanto stava accadendo, sebbene in ritardo di ben 20 anni rispetto alla Legge Basaglia del 1978 e, non ultimo, dall’indifferenza degli Enti Pubblici.
Difficoltà che nascevano anche dalla mancanza di personale medico e ausiliari, dalla carenza di forze da attivare per porre in essere nuovi programmi, vincere sfide. Chiudere il manicomio, gestito dalla Provincia, rappresentava, comunque, una necessità. Nella struttura sovraffollata erano pochi i veri malati psichiatrici, gli altri erano persone “ricoverate” per fini non sempre giustificabili. Era necessario riformare tutto, “allontanare il malessere” come ha detto il dott. Campione che ha invitato a rileggere uno dei più bei racconti di Anton Pavlovič Čechov “La corsia n. 6”, dove si prende conoscenza di una situazione, a dir poco impressionante, che si viveva in un ospedale che ospitava malati psichiatrici, dove si respirava un odore soffocante “di sporcizia e di morte”, dove le persone, tarate come matte, malati caduti in “ un cerchio magico” non avevano più la possibilità di venirne fuori.
Il dott. Nino Ciraolo, direttore del distretto 1 Asp di Messina, con l’ausilio di numerose slide, partendo dall’assunto che il documentario prima proposto non ha mostrato la vita all’interno dei padiglioni, non dando misura delle cose che accadevano e del perché accadevano, ha fatto un excursus dettagliato e puntuale della genesi delle strutture, delle convergenze istituzionali, delle OP Giudiziarie, delle regole di chi era deputato all’assistenza, di quelle idee che sono state stravolte, dei problemi del sovraffollamento e successivo depotenziamento delle strutture, con conseguente riduzione del personale, sovraesposizione, assenteismo, il tutto in un clima di ipocrisia di talune istituzioni latitanti, disinteressati al problema, e tanto altro ancora fino alla chiusura del Mandalari e alla creazione delle Comunità Terapeutiche Assistenziali e delle RSA Handcap.
Presa conoscenza del passato travagliato della struttura Mandalari, si è discusso su quanto si è fin qui realizzato, del Centro Diurno “Camelot” e su quale futuro si potrà contare, considerato che tutto poggia su basi precarie, ovvero sulla buona volontà di poche persone che si impegnano, facendo sacrifici, per ridare dignità a persone svantaggiate. Ci si è chiesti se, e fin quando, il sostegno pubblico continuerà a mancare. Nel suo intervento conclusivo, il dott. Allone ha, tra l’altro, affermato: “Camelot oggi è considerato un punto di riferimento, ma è una felice realtà portata ogni giorno avanti con mille sacrifici… per proseguire nel percorso iniziato venti anni fa, però, c’è bisogno di stabilità e concretezza”.
di Domenica Timpano