Riceviamo e pubblichiamo le sensazioni di un nuotatore che ha partecipato alla Traversata Solidale Stretto di Messina, dell’Associazione L’Aquilone Onlus, per fini benefici:
“Mi chiamo Giuseppe D’Agostino, ho 52 anni, sono ingegnere elettronico e insegno in un istituto tecnico di Gravina in Puglia (BA). Da sempre, ho un amore spasmodico per il mare. Lo vivo in tutti modi possibili: nuotando, pescando, immergendomi nelle sue profondità fin dove il fiato me lo permette, filmando e fotografando tutto quello che mi colpisce ogni volta che metto la maschera subacquea, insomma, ho sempre pensato che l’acqua fosse il mio secondo elemento naturale dove mi sono sempre sentito a mio agio”.
Come ho conosciuto l’iniziativa
“Non è merito mio, non conoscevo l’iniziativa, lo devo a mio nipote, Michelangelo Ardito, anch’egli partecipante, a cui credo di aver trasmesso questa passione per il mare. Mi ha colpito subito il fatto che non si trattava di una gara, ma di una manifestazione con scopi sociali”.
Quali sono state le impressioni durante la traversata
“Sono state molteplici. Anche se non si trattava di una gara, in realtà e comunque, resta una sfida con te stesso. Attraversare lo Stretto di Messina – caratterizzato da correnti di una certa intensità che mutano in continuazione – nuotare in mare aperto incontrando masse di acqua calda e fredda, non conoscere i fondali e non sapere le insidie che potresti incontrare è di per sé una prova di non poco conto. Come in ogni percorso, si riconoscono i tratti inconfondibili dell’esperienza reale. Infatti, ogni viaggio è una metafora della vita. Così, come accade nella vita reale, a volte, capita che proprio nelle cose in cui ti sentì più capace puoi avere delle difficoltà. A me è capitato proprio così: ho nuotato in diverse condizioni, a volte anche avverse, ma mai mi sono trovato in difficoltà mentre proprio all’inizio della Traversata ho avuto grosse difficoltà. La prima: l’impatto freddo con l’acqua, la seconda: incontrare una cortina di meduse, la terza: avere l’impatto con una di esse. Tutto questo ben presto non mi ha permesso la coordinazione del respiro. La sensazione era di forte smarrimento per cui facevo fatica nel nuoto. Mi è balenato il pensiero di abbandonare, ma, in quell’istante, ho incrociato lo sguardo di mia moglie che era su di una imbarcazione ormai a un centinaio di metri da me, in quello stesso istante, una imbarcazione mi ha affiancato chiedendomi se desideravo ritirarmi; questo mi ha spinto a fare memoria di me stesso, del fatto che amo il mare che mi piace nuotare e che davanti a me c’era chi mi voleva bene. Ho pensato che, in quello stesso mare, altri come me magari stavano affrontando le stesse difficoltà e si stavano ponendo le stesse domande. Ho capito che prima di tutto occorreva decidere di stare a quello che la realtà mi poneva davanti e che andava affrontata. Per cui, ho riferito all’imbarcazione che avrei continuato e, con calma, ho iniziato a nuotare e a ritrovare ritmo e piacere.
Sì, perché nuotare prima di tutto per me è un piacere. Nonostante fossi andato fuori rotta, ben presto sono stato affiancato da un’altra imbarcazione che, pian piano, mi ha riportato sulla retta via anche se più lontano dal punto di approdo degli altri. Questo mi ha fatto riflettere che non basta la determinazione e la consapevolezza nei propri mezzi, occorre ricordarsi che non ce la si fa da soli. Occorre essere umili per riconoscere questo e rispettosi verso le cose che si pensa conoscere come nel mio caso: il mare. Infine, tra le cose che mi sono accadute durante la traversata che mi hanno fatto riflettere c’è stata la richiesta da parte dell’imbarcazione di fermare la mia traversata per far rientrare un altro partecipante che, ormai, nuotava da solo forse perché aveva perso il gruppo. All’inizio, non l’ho presa bene ho pensato a tutto quello che avevo affrontato al fatto che ero riuscito a prendere un buon ritmo e che, magari, avrei fatto un buon tempo… nonostante tutto. Poi, però, ho pensato che se uno non è disposto a rinunciare alla propria gloria o ai propri progetti per aiutare un altro non è degno di essere un uomo. Di fatto, non era una competizione e io non ero lì per dimostrare niente, ma per fare la traversata dello Stretto nel miglior modo possibile… magari divertendomi.
Credo di aver perso almeno cinque minuti, ma ora posso dire di essere stato contento che sia andata così. Ho attraversato lo Stretto in meno di 80 minuti e se penso a tutto quello che è accaduto devo dire che sono, estremamente, contento e fiero di aver fatto parte di questa avventura. Ringrazio l’Associazione L’Aquilone che ha organizzato questa iniziativa e che permette a uomini e donne di fare queste esperienze indelebili. Ringrazio, inoltre, Rosario Lo Faro, presidente dell’Associazione che ci ha accolto e accompagnato in questa manifestazione e che ci ha mostrato e raccontato di sé e di quello che fa come volontario. Infine, ringrazio mio nipote che ha deciso di farmi partecipe di questa iniziativa”.