Il 29 luglio 1967 moriva, a 97 anni, l’arcivescovo mons. Angelo Paino, nel seminario di Giostra, in Messina. Moriva in una povera stanzetta, Lui che era tanto prodigo verso gli altri, poiché praticava l’umiltà che è la virtù regina del Cristianesimo. A tal proposito, l’indimenticabile on. Bonino, editore del quotidiano “Gazzetta del Sud”, nel periodo della sua malattia, in una sua visita, non credeva, assolutamente, che quella fosse la stanza di un monsignore e se la prese con tutti quelli che gli stavano attorno, accusandoli d’insensibilità perché lo tenevano in un ambiente talmente indecoroso. La figura di mons. Paino, nel tempo, s’ingigantisce, si staglia sempre più, prende contorni sempre più netti, si ravviva nella memoria dei messinesi. “Se tacessero gli uomini, parlerebbero le pietre”, ebbe a dire il card. Ruffini, nel corso dell’omelia pronunziata in Cattedrale, in occasione del cinquantesimo anniversario del suo Episcopato; “Egli vivrà” – aggiunse ancora il cardinale – “anche dopo la morte, perché le sue opere continueranno a cantare le sue lodi”.
Basterebbero solo due opere, sarebbe troppo lungo enumerarle tutte, per ricordarlo: la Madonnina del Porto (non sapeva chiudere la giornata, il grande Pastore, senza averLa salutata e averLe chiesto, dalla finestra del seminario di Giostra, la Benedizione per sé e per i messinesi), che è un monumento di Fede ed è diventato il Simbolo della città, e l’orologio del Duomo, che è un richiamo per i turisti e racconta la storia di Messina.Mons. Paino nutriva un grandissimo amore per la città di Messina che ha fatto risorgere dalle macerie del terremoto e dalle rovine della guerra e l’ha voluta sempre più bella e più grande. Si può definire, quindi, il più grande benefattore di Messina. I messinesi dovrebbero ricambiare quest’amore ed avere un debito di riconoscenza. Sulla sua tomba, che non poteva avere sede più opportuna del Duomo che l’ha fatto risorgere due volte, dovrebbe palpitare il cuore di Messina.
di Alfonso Saya