La risposta a questa domanda non può non essere positiva, tutto lo fa ritenere, tutto fa pensare a Gesù Cristo. La sua impronta rimanda alla sua passione narrata dai vangeli, per cui la sacra Sindone è considerata il quinto vangelo visibile, è – al dire di san Giovanni Paolo II – lo “specchio e la conferma” dei quattro vangeli. L’ipotesi contraria è scartata dalla maggior parte dei sindonologi e dagli scienziati cultori della precisione, i matematici, applicando il metodo delle probabilità. La storia scientifica della sacra Sindone inizia con la prima foto scattata dall’avv. Secondo Pia, che ha rivelato al mondo, meraviglia delle meraviglie, l’immagine al positivo di Gesù ricavata dall’impronta sensibilizzata come se fosse una pellicola fotografica. È iniziata, così – ripeto –, la storia scientifica della Sindone. Si è applicata la tecnica ultra perfezionata della NASA americana e si è ottenuta un’immagine tridimensionale a rilievo.
Con l’elaboratore elettronico, si è ottenuto il volto di Gesù senza i segni della passione che ha fatto sbalordire il prof. Giovanni Tamburelli dell’Università di Torino che ha esclamato, commosso: “Questo è Gesù Cristo!”. E, così, anche il direttore del Centro romano di Sindonologia assicura, al 99,99%, che la Sindone è proprio il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Cristo. Il giudizio positivo sulla Sindone non riguarda solo Gesù Cristo. Ha delle grandi implicazioni e riguarda tutti noi che ci troviamo di fronte a una testimonianza irrefutabile della verità della fede cristiana: “Gesù è morto ed è Risorto!”. Ha vinto la morte e vive con noi fino alla consumazione dei secoli come Egli ha detto! Non si possono prendere queste implicazioni alla leggera e con indifferenza. Dovremmo avere la fede di san Carlo Borromeo che si mosse da Milano per andare a Chambery, dove allora si trovava la Sindone, per venerarla, ma per rispetto al santo vescovo, Emanuele Filiberto di Savoia, la fece trasportare a Torino dove ora si trova e dove si è recato in pellegrinaggio a venerarla, papa Francesco.
di Alfonso Saya